Aneddoti, fiabe e filastrocche

Discussione in "Archivio di tutto il resto" iniziata da silvia8869, il 18 febbraio 2017.

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  1. leonardopelle

    leonardopelle Mostro del forum

  2. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Diventerai l'uomo delle pulizie?

    Un disoccupato sta cercando lavoro come uomo delle pulizie presso un'importantissima azienda.
    L'addetto del dipartimento del personale, per valutarlo, gli fa spazzare il pavimento, poi lo intervista e alla fine gli dice:
    "Sei assunto, dammi il tuo indirizzo e-mail, così ti mando un modulo da riempire, insieme al luogo e alla data in cui ti dovrai presentare per iniziare."
    L'uomo, sbigottito, risponde che non ha il computer, né tanto meno la posta elettronica.
    Il tipo gli risponde che se non ha un indirizzo e-mail significa che virtualmente non esiste e quindi non gli possono dare il lavoro.
    L'uomo esce disperato, senza sapere cosa fare e con solo 10 dollari in tasca.
    Decide allora di andare al supermercato e comprare una cassa di dieci chili di pomodori.
    Vendendo porta a porta i pomodori in meno di due ore riesce a raddoppiare il capitale, e ripetendo l'operazione si ritrova con centosessanta dollari.
    A quel punto realizza che può sopravvivere in quella maniera, parte ogni mattina più presto da casa e rientra sempre più tardi la sera, e ogni giorno raddoppia o triplica il capitale.
    In poco tempo si compra un carretto, poi un camion, e in un batter d'occhio si ritrova con una piccola flotta di veicoli per le consegne.
    Nel giro di cinque anni l'uomo diventa proprietario di una delle più grandi catene di negozi di alimentari degli Stati Uniti.
    Allora pensa al futuro e decide di stipulare una polizza sulla vita, per lui e la sua famiglia.
    Contatta un assicuratore, sceglie un piano previdenziale e quando alla fine della discussione l'assicuratore gli chiede l'indirizzo e-mail per mandargli la proposta..
    Lui risponde che non ha né computer né e-mail.
    "Curioso.. - osserva l'assicuratore - avete costruito un impero e non avete una e-mail,
    immaginate cosa sareste se aveste avuto un computer!".
    L'uomo riflette e risponde:
    "Sarei l'uomo delle pulizie di un'importantissima azienda".
     
  3. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    La leggenda dell'acchiappasogni
    secondo la cultura dei Cheyenne


    Molto tempo prima che arrivasse l’uomo bianco, in un villaggio cheyenne viveva una bambina il cui nome era Nuvola Fresca.
    Un giorno la piccola disse alla madre, Ultimo Sospiro della Sera:
    ”quando scende la notte, spesso arriva un uccello nero a nutrirsi, becca pezzi del mio corpo
    e mi mangia finché non arrivi tu, leggera come il vento e lo cacci via. Ma non capisco cosa sia tutto questo”.
    Con grande amore materno Ultimo Sospiro della Sera rassicurò la piccola dicendole:
    “le cose che vedi di notte si chiamano sogni e l’uccello nero che arriva è soltanto un’ombra che viene a salvarti”
    Nuvola fresca rispose:
    “ma io ho tanta paura, vorrei vedere solo le ombre bianche che sono buone”.
    Allora la saggia madre, sapeva che in cuor suo sarebbe stato ingiusto chiudere la porta alla paura della sua bimba,
    inventò una rete tonda per pescare i sogni nel lago della notte,
    poi diede all’oggetto un potere magico:
    riconoscere i sogni buoni, cioè quelli utili per la crescita spirituale della sua bambina,
    da quelli cattivi, cioè insignificanti e ingannevoli.
    Ultimo Sospiro della Sera costruì tanti acchiappasogni e li appese sulle culle di tutti i piccoli del villaggio cheyenne.
    Man mano che i bambini crescevano abbellivano il loro acchiappasogni con oggetti a loro cari
    e il potere magico cresceva, cresceva, cresceva insieme a loro …

    Ogni cheyenne conserva il suo acchiappasogni per tutta la vita, come oggetto sacro portatore di forza e saggezza.
    Ancora oggi, a secoli di distanza, ogni volta che nasce un bambino,
    gli Indiani costruiscono un acchiappasogni e lo collocano sopra la sua culla.
    Con un legno speciale, molto duttile, plasmano un cerchio, che rappresenta l'universo,
    e intrecciano al suo interno una rete simile alla tela del ragno.
    Alla ragnatela assegnano quindi il compito di catturare e trattenere tutti i sogni che il piccolo farà.
    Se si tratterà di sogni positivi, l'acchiappasogni li affiderà al filo delle perline (le forze della natura) e li farà avverare.
    Se li giudicherà invece negativi, li consegnerà alle piume di un uccello
    e li farà portare via, lontano, disperdendoli nei cieli ...

    - dal web -

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  4. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    C’era una volta un re che rispondeva al nobile nome di Enrico il Saggio.
    Aveva tre figlie che si chiamavano Alba, Bettina e Carlotta.
    In segreto, il re preferiva Carlotta.
    Tuttavia, dovendo designare una sola di esse per la successione al trono, le fece chiamare tutte e tre e domandò loro:
    “Mie care figlie, come mi amate?”.
    La più grande rispose:
    “Padre, io ti amo come la luce del giorno, come il sole che dona la vita alle piante. Sei tu la mia luce!”.
    Soddisfatto, il re fece sedere Alba alla sua destra,
    poi chiamò la seconda figlia.
    Bettina dichiarò:
    “Padre, io ti amo come il più grande tesoro del mondo, la tua saggezza vale più dell’oro e delle pietre preziose. Sei tu la mia ricchezza!”.
    Lusingato e cullato da questo filiale elogio, il re fece sedere Bettina alla sua sinistra.
    Poi chiamò Carlotta
    “E tu, piccola mia, come mi ami?”, chiese teneramente.
    La ragazza lo guardò fisso negli occhi e rispose senza esitare:
    “Padre, io ti amo come il sale da cucina!”.
    Il re rimase interdetto:
    “Che cosa hai detto?”.
    “Padre, io ti amo come il sale da cucina”.
    La collera del re tuonò terribile:
    “Insolente! Come osi, tu, luce dei miei occhi, trattarmi così? Vattene! Sei esiliata e diseredata!”.
    La povera Carlotta, piangendo tutte le sue lacrime, lasciò il castello e il regno di suo padre.
    Trovò un posto nelle cucine del re vicino e, siccome era bella, buona e brava, divenne in breve la capocuoca del re.
    Un giorno arrivò al palazzo il re Enrico.
    Tutti dicevano che era triste e solo.
    Aveva avuto tre figlie ma la prima era fuggita con un chitarrista californiano, la seconda era andata in Australia ad allevare canguri e la più piccola l’aveva cacciata via lui…
    Carlotta riconobbe subito suo padre.
    Si mise ai fornelli e preparò i suoi piatti migliori.
    Ma invece del sale usò in tutti lo zucchero.
    Il pranzo divenne il festival delle smorfie.. tutti lasciarono il cibo nei piatti..
    Il re, rosso di collera, fece chiamare la cuoca.
    La dolce Carlotta arrivò e soavemente disse:
    “Tempo fa, mio padre mi cacciò perchè‚ avevo detto che lo amavo come il sale di cucina che dà gusto a tutti i cibi.
    Così, per non dargli un altro dispiacere, ho sostituito il sale importuno con lo zucchero”.
    Il re Enrico si alzò con le lacrime agli occhi:
    “E il sale della saggezza che parla per bocca tua, figlia mia. Perdonami e accetta la mia corona”.
    Si fece una gran festa e tutti versarono lacrime di gioia.. erano tutte salate, assicurano le cronache del tempo
     
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  5. antobon

    antobon Colonnello del forum

    E' una parola....



    Ci sono tre ragioni nella giornata per essere felici e sorridere.

    La prima ragione è quando mi sveglio,
    perché ho tutta una giornata davanti a me
    per fare bene tutto ciò che non ho potuto fare ieri
    e quindi sono felice.

    La seconda ragione è a mezza giornata,
    perché, se non sono riuscito a fare molto,
    ho ancora davanti a me una mezza giornata per migliorare
    e me ne rallegro.

    La terza ragione è alla sera,
    perché la giornata è finita :
    se è andata bene sono felice,
    se invece è andata male sono felice che sia finita.


     
  6. IVA

    IVA Autore attivo

    L’ulivo Benedetto

    Oh, i bei rami d’ulivo! chi ne vuole?
    Son benedetti, li ha baciati il sole.
    In queste foglioline tenerelle
    vi sono scritte tante cose belle.
    Sull’uscio, alla finestra, accanto al letto
    metteteci l’ulivo benedetto!
    Come la luce e le stelle serene:
    un po’ di pace ci fa tanto bene.
    G. Pascoli​
     
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  7. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Un albero per amico
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    Questa è la storia di un albero di ulivo, tanto vecchio da aver dimenticato il giorno in cui era spuntato dalla terra, forse 200 anni prima. Ricordava a malapena la fatica che aveva fatto per bucare la terra. Ricordava che si sentiva pieno di vigore ma non sarebbe riuscito a far capolino tra le zolle se improvvisamente non fosse scoppiato quel temporale. Era successo che il Sole, che da lassù riesce a vedere anche ciò che avviene sotto terra, mosso a pietà e ammirato per tanta tenacia, aveva ordinato alle nuvole di avvicinarsi a quel pezzo di terra e innaffiarlo per bene.
    Così era nato Olivo, e si era dato subito un gran da fare per tirar fuori dai suoi rametti delle belle foglie lucide, e per affondare le sue piccole radici nel terreno laddove trovassero più cibo per il suo fusto. Di anno in anno, sopportando il caldo dell’estate e il freddo d’inverno era cresciuto sano e forte, aveva prodotto migliaia di piccoli fiori, che poi si erano trasformati in piccoli frutti prima verdi e poi con il sole sempre più neri, fino a quando non erano venuti una donna con i suoi bambini a raccoglierli.
    Fu felice di donare i suoi frutti, anche se quei bambini gli tiravano un po’ i rami, e gli strappavano le foglie, e si arrampicavano sul suo tronco. Sapeva (non si sa come visto che non si era mosso mai di là) quale prezioso liquido sarebbe venuto fuori dalle piccole olive, e per questo era disposto a sopportare un po’ di strapazzo.
    La casa dei bambini non era distante, e loro lo venivano trovare anche quando non era stagione di raccolta, perché il suo tronco era bello e forte, i suoi rami grandi e ben distesi. Era facile arrampicarsi e a loro piaceva molto sedere tra le sue fronde ben sistemati nell’incrocio delle sue braccia robuste, come su piccole sedie sospese.
    I bimbi erano tre, due femmine e un maschio. Si chiamavano Isotta, Alessia e Lorenzo. Avevano anche un cane vivacissimo e un po’ pazzerello: Yuri.
    Essi avevano deciso che Olivo era il loro rifugio segreto. Ognuno di loro si era scelto un ramo e là andava a mettersi quando voleva sfuggire agli adulti, per starsene un po’ in pace a parlare o a pensare quando erano da soli.
    Olivo li accoglieva sempre con grande gioia e anche se non poteva parlare cercava di far capire loro che li accoglieva, disponendo al meglio i suoi rami perché fossero più comodi, spostando le foglie per fare ombra quando il sole picchiava forte, agitandole per fare vento quando c’era molta afa.
    Quando li vedeva stanchi chiedeva al vento di “suonare” una canzone lieve usando le fronde come strumento, in modo da accompagnarli nei loro sogni.
    Yuri se ne stava tra le radici, col muso appoggiato a quella più grossa che sporgeva dal terreno, e tutto il resto quasi infilato nel cavo del tronco, che lo riparava dal caldo e dal freddo.
    Lui sì che parlava con Olivo, perché riusciva a sentirlo appoggiando le sue orecchie alle radici.
    Parlavano dei bambini, e di quello che loro desideravano: Isotta voleva diventare una grande ballerina, danzare nei teatri di tutto il mondo, essere applaudita e acclamata ad ogni spettacolo.
    I suoi sogni erano pieni di scene scintillanti, fiori che piovevano sul palco, luci che illuminavano solo lei, applausi a non finire. Per questo si allenava spesso facendo la ruota, la spaccata, volteggi e capriole, richiedendo sempre l’attenzione degli altri.
    Lorenzo voleva fare il musicista, e per questo ogni cosa diventava uno strumento musicale: due bastoncini battuti tra di loro, una vecchia scatola di latta diventava un tamburo, il tronco cavo di Olivo veniva percosso per emettere suoni ritmici, persino Yuri non sfuggiva dall’essere preso a mo’ di tamburo!
    Alessia non aveva desideri particolari, era felice di guardare gli altri che si “allenavano” per seguire i loro sogni, procurava bacchette resistenti a Lorenzo, assisteva Isotta nelle capriole, la sosteneva nella verticale.
    Olivo sapeva che lei voleva solo essere d’aiuto agli altri, e non pensava mai a sé, senza che questo fosse un gran sacrificio, era fatta così, ed è giusto che ognuno segua ciò che ha nel cuore.
    Olivo era il loro amico fedele, e quando loro si sentivano tristi andavano da lui, aprivano il cuore, e senza bisogno di parole lui capiva, ascoltava tutto e poi assorbiva le loro pene nella sua corteccia legnosa, li inglobava dentro la sua linfa e li buttava fuori attraverso i nodi dei suoi rami.
    I bimbi non sapevano perché andare da Olivo li rinfrancava sempre, non si accorgevano della sua opera di “mangia-tristezza”. Sapevano che andare lì li faceva stare meglio e basta.
    Isotta, Alessia e Lorenzo diventarono grandi, andarono via dalla grande casa, ma quando tornavano a trovare i genitori andavano sempre da Olivo, come si va a trovare un amico. Non so se hanno realizzato i loro sogni ma so che a volte ritornano solo per stare un po’ con lui, quando hanno bisogno di una pausa per riflettere o quando devono prendere una decisione importante.
    Olivo oramai è vecchio, il suo tronco è pieno di nodi, eppure non è ancor stanco di ascoltare.

    Ogni albero fa quello che fa Olivo, ti ascolta se tu gli sai parlare. Avvicinati, tocca il suo tronco, abbraccialo, porgi l’orecchio a sentire la sua linfa, accarezza le sue foglie.
    Quando ti senti triste siediti sotto un albero o in mezzo ai suoi rami, chiudi gli occhi e ascolta in silenzio, sentirai crescere i suoi nodi e sciogliersi la tua tristezza.
     
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  8. IVA

    IVA Autore attivo


    La Pigrizia andò al mercato

    ed un cavolo comprò,
    mezzogiorno era suonato
    quando a casa ritornò.
    Accese il fuoco,
    scaldò l'acqua,
    si sedette e riposò
    ed intanto a poco a poco
    anche il sole tramontò.
    Così persa ormai la lena,
    sola al buio ella restò
    ed a letto senza cena
    la pigrizia se né andò.
     
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  9. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Ciò che dai ti ritorna! (Lo specchio)

    Renato non aveva quasi visto la signora, dentro la vettura, ferma al lato della carreggiata.
    Pioveva forte ed era buio.
    Ma si rese conto che la donna aveva bisogno di aiuto.
    Così fermò la sua macchina e si avvicinò.
    L’auto della signora odorava ancora di nuovo.
    Lei pensava forse che poteva essere un assalitore:
    non ispirava fiducia quell’uomo, sembrava povero e affamato.
    Renato percepiva che la signora aveva molta paura e le disse:
    "Sono qui per aiutarla, signora, non si preoccupi.
    Perché non aspetta nella mia auto dove fa un po’ più caldo?
    A proposito, il mio nome è Renato."
    La signora aveva bucato una ruota e oltretutto era di età avanzata.
    Mentre la pioggia cadeva a dirotto, Renato si chinò, collocò il cric e alzò la macchina.
    Quindi cambiò la gomma, sporcandosi non poco!
    Mentre stringeva i dadi della ruota, la donna aprì la portiera e cominciò a conversare con lui.
    Gli raccontò che non era del posto, che era solo di passaggio e che non sapeva come ringraziarlo per il prezioso aiuto.
    Renato sorrise mentre terminava il lavoro e si sollevava.
    Lei domandò quanto gli doveva.
    Già aveva immaginato tutte le cose terribili che sarebbero potute accadere se Renato non si fosse fermato per soccorrerla.
    Ma Renato non pensava al denaro, gli piaceva aiutare le persone…
    Questo era il suo modo di vivere.
    E rispose:
    "Se realmente desidera pagarmi, la prossima volta che incontra qualcuno in difficoltà, si ricordi di me e dia a quella persona l’aiuto di cui ha bisogno!"
    Alcuni chilometri dopo la signora si fermò in un piccolo ristorante, la cameriera arrivò e le porse un asciugamano pulito per farle asciugare i capelli rivolgendole un dolce sorriso.
    La donna notò che la cameriera era circa all’ottavo mese di gravidanza, ma lei non permetteva che la tensione e i dolori cambiassero il suo atteggiamento e fu sorpresa nel constatare come qualcuno che ha tanto poco, possa trattare tanto bene un estraneo.
    Allora si ricordò di Renato.
    Dopo aver terminato la sua cena, e mentre la cameriera si allontanò ad un altro tavolo, la signora uscì dal ristorante.
    La cameriera ritornò curiosa di sapere dove la signora fosse andata, quando notò qualcosa scritto sul tovagliolo, sopra al quale aveva lasciato una somma considerevole.
    Le caddero le lacrime dagli occhi leggendo ciò che la signora aveva scritto.
    Diceva:
    "Tieni pure il resto…
    Qualcuno mi ha aiutato oggi e alla stessa maniera io sto aiutando te.
    Se tu realmente desideri restituirmi questo denaro, non lasciare che questo circolo d’amore termini con te, aiuta qualcuno!"
    Quella notte, rincasando, stanca, si avvicinò al letto; suo marito già stava dormendo e rimase a pensare al denaro e a quello che la signora aveva scritto.
    Quella signora come poteva sapere della necessità che suo marito e lei avevano di quel denaro:
    con il bebè che stava per nascere, tutto sarebbe diventato più difficile!
    Pensando alla benedizione che aveva ricevuto, fece un grande sorriso.
    Ringraziò Dio e si voltò verso il suo preoccupato marito che dormiva al suo lato, lo sfiorò con un leggero bacio e gli sussurrò:
    "Andrà tutto bene… Ti amo… Renato!"
    La vita è così... è uno specchio: tutto quello che tu dai ti ritorna!
     
  10. antobon

    antobon Colonnello del forum



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    15 centesimi

    Ai tempi in cui un gelato con sciroppo e frutta costava molto meno, un ragazzo di dieci anni entrò nel bar di un albergo e si sedette a un tavolo. Una cameriera mise un bicchiere di acqua davanti a lui.
    "Quanto costa un gelato con sciroppo e frutta?".
    "50 centesimi" replicò la cameriera.
    Il ragazzino tirò fuori la mano dalla tasca ed esaminò il numero di monete che aveva.
    "Quanto costa una porzione di gelato normale?" s'informò.
    Alcune persone stavano cercando un tavolo e la cameriera era un po' impaziente.
    "35 centesimi" disse bruscamente.
    Il ragazzino contò ancora le monete. "Prendo il gelato normale" disse.
    La cameriera portò il gelato, mise il conto sul tavolo e se ne andò. Il ragazzo finì il gelato, pagò al cassiere e se ne andò. Quando la cameriera ritornò, iniziò a pulire il tavolo e rimase di stucco per quello che vide. Accanto al piatto vuoto, messi ordinatamente, c'erano 15 centesimi, la sua mancia.


     
    Ultima modifica: 12 aprile 2017
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  11. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Amore e Pazzia
    Raccontano che un giorno si riunirono in un luogo della terra tutti i sentimenti e le qualità degli uomini.
    Quando la noia si fu presentata per la terza volta, la pazzia, come sempre un po' folle propose:
    "Giochiamo a nascondino!"
    L'interesse alzò un sopracciglio e la curiosità senza potersi contenere chiese:
    "A nascondino? Di che si tratta?"
    "E' un gioco," spiegò la pazzia "in cui io mi copro gli occhi e mi metto a contare fino a un milione mentre voi vi nascondete e, quando avrò terminato di contare, il primo di voi che scopro prenderà il mio posto per continuare il gioco dopo che avrò trovato tutti..."
    L'entusiasmo si mise a ballare, accompagnato dall'euforia.
    L'allegria fece tanti salti che finì per convincere il dubbio e persino l'apatia alla quale non interessava mai niente.
    Però non tutti vollero partecipare.
    La verità preferì non nascondersi.
    Perché, se poi alla fine tutti la scoprono?
    La superbia pensò che fosse un gioco molto sciocco (in fondo ciò che le dava fastidio era che non fosse stata una sua idea) e la codardia preferì non rischiare.
    "Uno, due, tre..." cominciò a contare la pazzia.
    La prima a nascondersi fu la pigrizia che si lasciò cadere dietro la prima pietra che trovò sul percorso.
    La fede volò in cielo e l'invidia si nascose all'ombra del trionfo che con le proprie forze era riuscito a salire sulla cima dell'albero più alto.
    La generosità quasi non riusciva a nascondersi.
    Ogni posto che trovava le sembrava meraviglioso per qualcuno dei suoi amici.
    Che dire di un lago cristallino? Ideale per la bellezza.
    Le fronde di un albero? Perfetto per la timidezza.
    Le ali di una farfalla? Il migliore per la voluttà.
    Una folata di vento? Magnifico per la libertà.
    Così la generosità finì per nascondersi in un raggio di sole.
    L'egoismo, al contrario trovò subito un buon nascondiglio, ventilato, confortevole e tutto per sè.
    La menzogna si nascose sul fondale degli oceani (non è vero, si nascose dietro l'arcobaleno).
    La passione e il desiderio al centro dei vulcani.
    L'oblio non mi ricordo dove!
    Quando la pazzia arrivò a contare 999999 l'amore non aveva ancora trovato un posto dove nascondersi poichè li trovava tutti occupati, finché scorse un cespuglio di rose e alla fine decise di nascondersi tra i suoi fiori.
    "Un milione!" contò la pazzia.
    E cominciò a cercare.
    La prima a comparire fu la pigrizia, solo a tre passi da una pietra.
    Poi udì la fede, che stava discutendo con Dio su questioni di teologia, e sentì vibrare la passione e il desiderio dal fondo dei vulcani.
    Per caso trovò l'invidia e potè dedurre dove fosse il trionfo.
    L'egoismo non riuscì a trovarlo.
    Era fuggito dal suo nascondiglio essendosi accorto che c'era un nido di vespe.
    Dopo tanto camminare, la pazzia ebbe sete e nel raggiungere il lago scoprì la bellezza.
    Con il dubbio le risultò ancora più facile, giacchè lo trovò seduto su uno steccato senza avere ancora deciso da che lato nascondersi.
    Alla fine trovò un po' tutti: il talento nell'erba fresca, l'angoscia in una grotta buia, la menzogna dietro l'arcobaleno e infine l'oblio che si era già dimenticato che stava giocando a nascondino.
    Solo l'amore non le appariva da nessuna parte.
    La pazzia cercò dietro ogni albero, dietro ogni pietra, sulla cima delle montagne e quando stava per darsi per vinta scorse il cespuglio di rose e cominciò a muoverne i rami.
    Quando, all'improvviso, si udì un grido di dolore:
    le spine avevano ferito gli occhi dell'amore...!
    La pazzia non sapeva più che cosa fare per discolparsi;
    pianse, pregò, implorò, domandò perdono e alla fine gli promise che sarebbe diventata la sua guida.
    Da allora, da quando per la prima volta si giocò a nascondino sulla terra, l'amore è cieco e la pazzia sempre lo accompagna...
     
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  12. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Dicono tutti che, anticamente,
    al mondo c’era proprio ... un bel niente.
    Poi ecco i monti, i mari ed i fiori,
    ma eran tutti senza colori.
    Così, un bel giorno, Fata Natura
    prese i colori e, senza premura,
    scelse del blu e, senza pensare,
    riempì il cielo, gli oceani e il mare.
    Poi prese il verde e dipinse, a più strati,
    tutte le foglie e l’erba dei prati.
    La Coccinella, volando pianino,
    a Fata Natura andò vicino,
    si fermò poi sul suo bel vestito
    e, dopo un poco, le andò su un dito:
    “Fata Natura, ti posso aiutare?
    Io i pennelli ti posso lavare.”
    Ci pensò su, la Fatina bella,
    e poi rispose alla Coccinella:
    "Tanto lavoro io ho da fare,
    alberi e fiori da colorare,
    poi gli animali, che sono migliaia,
    e poi la terra, la sabbia, la ghiaia
    ed agli uccelli le mille piume,
    a tutti i pesci le loro squame:
    ho un miliardo di cose fare.
    Perché ho deciso di colorare?
    Ma, se mi aiuti, farò in un momento:
    il lavoro, in due, è divertimento!”
    Fata Natura dipinge cantando
    e Coccinella l’aiuta lavando.
    Passano i giorni e il mondo è a colori:
    dà allegria guardare i fiori,
    il rosa dell’alba, il blu della sera...
    Sol Coccinella è ancor tutta nera.
    Fata Natura nota l’errore,
    ma ... non c’è più neppure un colore!
    E’ dispiaciuta, la buona Fata:
    niente colore per chi l’ha aiutata,
    ma Coccinella non si lamenta:
    è stata d’aiuto, ed è contenta.
    Una sera Tancredi (è un tramonto stupendo)
    il mondo di rosso va dipingendo;
    vede Natura col naso arrossato,
    allor le chiede cos’è capitato.
    Natura racconta di Coccinella,
    che lei vorrebbe davvero bella;
    per sette giorni è stata aiutata
    e lei ... se l’è proprio dimenticata!
    "Su, basta piangere. Il rimedio c’è:
    prendi del rosso un po’ qui, da me.
    Sulle sue ali lo vai a posare
    e, se davvero vuoi ricordare
    questo suo aiuto di sette giorni,
    lasciale neri tutti i contorni,
    poi sulle ali fai sette puntini:
    daran fortuna a grandi e piccini! "
    Così Coccinella, grazie a Tancredi,
    indossa i colori che anche tu vedi.

    - dal web -

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  13. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    La Pasqua nel cuore
    C’era una volta una bambina molto bella di nome Rosina.
    I suoi occhi azzurri e vivaci, però, con l’avvicinarsi della Pasqua, si facevano sempre più tristi.
    La sua famiglia era povera e lei sapeva che la domenica di Pasqua non avrebbe ricevuto il suo uovo con la sorpresa.
    Sapeva che la Pasqua non si festeggiava certo con l'uovo:
    lei si stava preparando bene in parrocchia con don Giulio...
    però sentiva sempre gli altri bambini parlare di uova al cioccolato.
    Arrivò il giorno di Pasqua;
    Rosina, dopo aver pranzato con la mamma e il papà, stava per alzarsi da tavola,
    quando la mamma le diede un piccolo uovo con un grande fiocco colorato.
    Rosina non sapeva cosa dire,
    era molto emozionata e così contenta che non aveva neanche il coraggio di scartarlo.
    Chiese alla mamma di poter andare dai suoi amici e aprirlo insieme a loro;
    la mamma disse di sì e Rosina uscì di casa correndo.
    Correva e saltellava felice,
    ma appena voltato un angolo vide, poco più in là, un bambino,
    più piccolo di lei, seduto in terra che piangeva,
    perché nessuno gli avrebbe regalato un uovo di cioccolata come quello degli altri bambini.
    Rosina lo guardò,
    poi guardò il suo uovo di Pasqua.
    Non ebbe neanche un attimo di esitazione,
    posò il piccolo uovo sulla manina del bambino,
    gli augurò buona Pasqua e corse verso casa.
    Era felice perché aveva donato un attimo di gioia ad un bambino che ne aveva bisogno.
    Da quel giorno i suoi occhi non furono più tristi e brillarono di una nuova luce.


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  14. IVA

    IVA Autore attivo

    La scimmietta che voleva stare sempre sveglia

    Switty era una scimmietta che faceva sempre i capricci prima di andare a dormire. Quando arrivava sera, la mamma le diceva : “Switty, guarda il cielo fuori! E’ tutto buio, il sole è andato a dormire da un pezzo! Dobbiamo andare a dormire anche noi”.
    Switty protestava. “Non voglio andare a letto! Voglio stare sempre sveglia”.
    Smitty faceva i capricci tutte le sere e il suo papà, la sua mamma, i nonni tutti la chiamavano “la scimmietta che voleva stare sempre sveglia”. Ogni sera, Switty si addormentava sempre più tardi. La mamma stava per perdere la pazienza con la sua cucciola e le diceva: “Se vai a letto così tardi, al mattino sarà difficile alzarsi”. La scimmietta però, non credeva alla mamma.
    Una sera, Switty decise: voleva stare sveglia tutta la notte, perché aveva troppa voglia di saltare, correre per la casa e inventare giochi nuovi. La mamma le disse
    “Va bene, Switty, per questa sera facciamo come vuoi tu. Dal momento che non hai sonno, non dormire!”.
    La scimmietta era felicissima. Prima saltò sul letto della sua camera, dopo andò sul lettone della mamma a fare le capriole, poi le venne in mente di correre un po’ tra la cucina, il corridoio e il bagno e fece una gara con il suo papà. Dopo, le venne in mente di tirare fuori tutti i suoi giocattoli dell’armadio e di spargerli sul pavimento. Fece anche una lotta con i peluche: che confusione nella sua cameretta! Mamma e papà avevano deciso di aspettare che Switty si stancasse da sola e non dissero nulla.
    La scimmietta giocò e giocò ancora. Quando le si chiusero gli occhi era sdraiata sul pavimento, tra peluche e costruzioni. Mamma e papà la misero sul letto e andarono a dormire.
    Il mattino dopo, il sole era già alto nel cielo, il papà si era alzato per andare al lavoro e Switty dormiva.
    Switty dormì per tutto il giorno: tanti amici suonarono alla porta della scimmietta che voleva stare sempre sveglia.
    Prima arrivò Lod il coniglio che mangiava sempre carote:
    “Toc toc, posso entrare in casa a giocare con Switty?”
    “Ciao Lod”, disse la mamma. Switty dorme ancora. “​
    Dopo un poco, arrivò Mot il gatto.
    “Toc toc, posso entrare in casa a giocare con Switty?
    “Ciao Mot”, disse la mamma. Switty dorme ancora.​
    Passarono le ore del mattino e la scimmietta dormiva ancora.
    Arrivò anche Conny il cagnolino:
    “Toc toc, posso entrare in casa a giocare con Switty?”
    “Ciao Conny”, disse la mamma. Switty dorme ancora.”​
    Passò anche Tap, il topo che amava il formaggio, ma dopo si fece sera, gli amici di Switty dovettero andare tutti a casa dalle loro mamme, a fare il bagno, andare a cena e infine a dormire.
    Quella dormigliona di Switty si svegliò all’ora di cena, quel giorno.
    “Dove sono i miei amici?”, disse Switty.
    “Sono tutti a casa”, rispose la mamma. “Guarda il cielo, Switty: è quasi l’ora del tramonto, il sole sta per andare a dormire e tra poco è ora di cena. Ti sei svegliata troppo tardi”.
    “No! Non è tardi e io sono Switty, la scimmietta che voleva stare sempre sveglia!”. Protestò la cucciola.
    “Switty”, spiegò la mamma, “mentre tu dormivi, i tuoi amici erano tutti svegli e volevano giocare con te. Ora tu sei sveglia e hai voglia di giocare, ma è sera, i tuoi amici sono andati a casa e tra un poco andranno a letto”.
    “No!” protestò ancora Switty, che non voleva credere alla mamma. Ora però si sentiva sola e non capiva: perché il sole stava andando a dormire? Perché era di nuovo sera?
    Dopo cena, la scimmietta non aveva voglia di giocare. Era stata tutto il tempo da sola e si sentiva un po’ triste. Si annoiava, ma non aveva sonno: era una bella seccatura essere una scimmietta che voleva stare sempre sveglia!
    Passarono alcuni giorni e Switty era sempre più triste. I suoi amici non venivano a trovarla e lei non sapeva più quando era l’ora di andare a dormire.
    “Mamma, mi aiuti ad addormentarmi?”, chiese la scimmietta.
    Così la mamma iniziò a leggerle un libro, a cantarle una ninna nanna e piano piano la scimmietta che voleva stare sempre sveglia cambiò. Il papà aveva stabilito una regola: si andava a letto subito dopo la lotta di peluche.
    Dopo cena, il papà diceva: “E’ l’ora della lotta di peluche!” e Switty si divertiva un mondo.
    Dopo, il papà e Switty mettevano a posto i peluche, la mamma veniva a leggere una storia e Switty si addormentava.
    Quando Switty imparò ad addormentarsi per tempo, i suoi amici tornarono a trovarla e lei fu di nuovo contenta.
    Era diventata la scimmietta che dormiva di notte e giocava tanto di giorno, come tante, in tutti i paesi del mondo.
     
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  15. antobon

    antobon Colonnello del forum


    Il costo dell'Amore


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    Una sera, mentre la mamma preparava la cena, il figlio undicenne si presentò in cucina con un foglietto in mano.
    Con aria stranamente ufficiale il bambino porse il pezzo di carta alla mamma, che si asciugò le mani con il grembiule e lesse quanto vi era scritto:
    Per aver strappato le erbacce dal vialetto: 1 EURO.
    Per aver ordinato la mia cameretta: 1,50 EURO.
    Per essere andato a comprare il latte: 0,50 EURO.
    Per aver badato alla sorellina (tre pomeriggi): 3 EURO.
    Per aver preso due volte “ottimo” a scuola: 2 EURO.
    Per aver portato fuori l’ immondizia tutte le sere: 1 EURO.
    Totale: 9 EURO.
    La mamma fissò il figlio negli occhi, teneramente.
    La sua mente si affollò di ricordi.
    Prese una biro e, sul retro del foglietto, scrisse:
    Per averti portato in grembo per 9 mesi: 0 EURO.
    Per tutte le notti passate a vegliarti quando eri ammalato: 0 EURO.
    Per tutte le volte che ti ho cullato quando eri triste: 0 EURO.
    Per tutte le volte che ho asciugato le tue lacrime: 0 EURO.
    Per tutto quello che ti ho insegnato, giorno dopo giorno: 0 EURO.
    Per tutte le colazioni, i pranzi, le merende, le cene e i panini che ti ho preparato: 0 EURO.
    Per la vita che ti dò ogni giorno: 0 EURO.
    Quando ebbe terminato, sorridendo la mamma diede il foglietto al figlio.
    Quando il bambino ebbe finito di leggere ciò che la mamma aveva scritto, due LACRIMONI fecero capolino nei suoi occhi.
    Girò il foglio e sul suo conto scrisse: "PAGATO."
    Poi saltò al collo della madre e la sommerse di baci.
    Quando nei rapporti personali e familiari si cominciano a fare i conti, è tutto finito.
    L’amore, o è gratuito o non è amore.
     
  16. IVA

    IVA Autore attivo

    Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con il Signore e gli chiese:Signore, come sono il Paradiso e l'Inferno?
    Il signore
    condusse il sant'uomo verso due porte.Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno.
    Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda.
    Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.
    Il sant' uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato.
    Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi.
    Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po',
    ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.
    Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Il Signore disse:-Hai appena visto l'Inferno.
    Il Signore
    e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Il Signore l'aprì. La scena era identica alla precedente.
    C'era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina.
    Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.
    Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.
    Il sant'uomo disse al Signore: - Non capisco! E' semplice, rispose il Signore, dipende solo da un'abilità.
    Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi.
    Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura.... la differenza la fa ognuno di noi.
     
  17. antobon

    antobon Colonnello del forum

    Il bambino cattivo e la staccionata
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    C’era una volta un bambino che faceva tante cose cattive; questo bambino faceva arrabbiare tutti e a chiunque arrecava dei gran dolori con misfatti e insulti.
    Un giorno però il bambino cominciò a capire il male che stava facendo e ne provò dolore anch’egli, così decise di diventare "buono".

    Andò dal nonno e gli chiese:
    "Nonno come posso fare per diventare più buono?"

    Il nonno, saggia persona, gli rispose:
    "Vedi quella staccionata laggiù?
    Ogni volta che fai un’azione cattiva andrai presso quella staccionata e con un martello ci metterai un chiodo."

    Il bambino all’inizio fu un po’ sorpreso da questo consiglio, poi però fece come gli disse il nonno.
    Nonostante le buone intenzioni del bambino, i chiodi nella staccionata furono molti!
    Ma cominciava a diminuire la frequenza con cui il bambino inchiodava, fino ad arrivare al giorno in cui il bambino non ne mise neppure uno!
    Allora il bambino andò dal nonno e disse:
    "Nonno finalmente non faccio più cattive azioni, ma ancora non mi sento buono!".
    Il nonno disse:
    "Bene, ora vai alla staccionata e con questo cacciavite comincia a togliere tutti i chiodi che hai messo."
    Il bambino fece come gli disse il nonno.
    Ci volle un po’ di tempo ma i chiodi furono tutti rimossi, il bambino tornò dal nonno che gli chiese:
    "Cosa noti?"
    Il bambino gli rispose:
    "Ora al posto dei chiodi ci sono tanti buchi!"
    Il nonno aggiunse:
    "Ecco, quello è il male che hai causato, a volte non basta non fare cattive azioni per sentirci buoni, dovremmo cominciare a togliere i "chiodi" dalla nostra staccionata e vedere quanto profondi sono i "buchi lasciati", a volte capita che il tempo otturi quei buchi, altre volte quei buchi sono talmente profondi che nemmeno il tempo riesce a chiudere, altre volte ancora lasciamo lì quei chiodi senza volerli rimuovere."
     
  18. Picchina

    Picchina Duca del forum

    La leggenda del girasole

    Il girasole era deriso e disprezzato da tutti i fiori dell’estate.
    Nessun fiore lo voleva vicino per paura che la sua bruttezza lo danneggiasse.
    Gli animali della fattoria lo chiamavano “brutto sgorbio”.
    Il povero fiore soffriva ma non si lamentava mai, se ne stava tutto solo in disparte a guardare il Sole che ammirava e amava tanto.
    Il sole se ne accorse e decise di aiutarlo, così lo avvolse coi suoi raggi caldi e luminosi circondandolo di una bellissima aureola tutta d’oro.
    Il povero fiore da quel giorno crebbe tanto da diventare più alto di tutti i fiori del campo, si protese verso il sole ed il sole gli diede il suo nome: Girasole.
     
  19. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    La campana d'argento

    C'era una volta una magnifica cattedrale simbolo di una grande città.
    Su di essa svettava un superbo campanile, orgoglio di tutti gli abitanti.
    Tuttavia l'opera era incompiuta.
    Il campanile era muto: mancava la campana.
    Il vescovo decise di dotare il campanile di una campana degna dell'immagine della cattedrale:
    lanciò a tutta la città un invito per raccogliere oggetti d'argento, da far fondere,
    per realizzare con il contributo di tutti una campana d'argento.
    Cominciarono ad arrivare oggetti e monili d'argento.
    Un giorno da Don Enrico, incaricato dal vescovo di raccogliere le oblazioni, arrivò una povera vedova.
    Ella consegnò timidamente un centesimo d'argento, che era tutto quello che possedeva.
    Il prete prese la moneta con piglio sprezzante e appena la donna lasciò la stanza,
    lanciò la moneta fuori dalla finestra, nel giardino sottostante:
    - "Un centesimo... Va bene solo per i mendicanti!
    A cosa può servire per una grande opera come la nostra campana?"
    Dopo poche settimane venne raccolto molto argento: venne fuso e venne realizzata una campana stupenda.
    Era un'opera d'arte, una meraviglia che ogni esperto giudicò perfetta.
    Nel giorno di Pasqua, la maestosa campana d'argento fu benedetta, innalzata sul campanile e inaugurata.
    Fu il vescovo ad avere l'onore di dare il primo rintocco della nuova campana.
    La campana d'argento però emise soltanto un gemito pietoso, un suono pessimo, sordo che durò inoltre pochissimo.
    Dopo il clamoroso insuccesso tecnici ed esperti intervennero per analizzare l'opera: nessuno riusciva a spiegare il perché.
    Il vescovo pregò Dio di mostrargli la causa di tale fallimento.
    Una notte, in sogno, un angelo gli rivelò quello che il suo incaricato aveva fatto con l'offerta della povera vedova.
    Allora il vescovo cercò immediatamente Don Enrico, incaricato alla raccolta delle offerte, e gli chiese spiegazioni.
    Entrambi andarono allora in giardino e insieme, inginocchiati nell'erba e fra i cespugli, cercarono e cercarono....
    fino a quando finalmente riuscirono a trovare la moneta della vedova.
    Il vescovo fece rifondere la campana d'argento, aggiungendo anche il centesimo donato dalla povera vedova.
    Quando, qualche settimana dopo riprovarono a collaudare la campana,
    il suo suono riempì l'aria con la melodia più bella che si fosse mai sentita provenire da una cattedrale.

    Morale: ogni dono, ogni gesto d'amore, anche il più piccolo e apparentemente insignificante, può racchiudere in sé un grande valore.

    - dal web -

     
  20. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
    Arthur Schopenhauer
     
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