Aneddoti, fiabe e filastrocche

Discussione in "Archivio di tutto il resto" iniziata da silvia8869, il 18 febbraio 2017.

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  1. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum


    LA LEGGENDA DELLA CREAZIONE DEGLI ANIMALI

    In origine il Sole aveva un aiutante, che si chiamava Napi.
    Un giorno, dopo aver terminato il suo lavoro, Napi trovò un grosso pezzo di argilla cominciò a lavorarla per trarne fuori qualcosa.
    Era un bravo artigiano e riuscì a realizzare la prima figurina, con una bella forma simmetrica;
    successivamente ne realizzò delle altre e così realizzò le figurine di tutti gli animali della Terra.
    Appena ne aveva completata una, vi soffiava sopra, le dava un nome e una destinazione.
    La figurina si animava e cominciava a popolare la terra.

    Con l’ultima rimanenza di argilla realizzò una figura nuova;
    la chiamò uomo e lo mandò a vivere con i lupi.

    Gli animali si lamentarono perché non riuscivano ad adattarsi all’ambiente loro assegnato,
    perciò Napi assegnò a ciascuno l’habitat ideale.
    Tutti gli animali furono soddisfatti,
    tranne l’uomo,
    che vaga ancora alla ricerca di un luogo soddisfacente.
     
  2. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Quella che stai per leggere è una lettera realmente scritta da una signora di 86 anni al direttore della sua banca. Una lettera talmente spettacolare da essere stata pubblicata sul New York Times.


    Egregio Signor Direttore,

    Le scrivo per ringraziarla di aver bloccato il mio assegno con cui ho tentato di pagare il mio idraulico il mese scorso.
    Secondo i miei calcoli, dal momento in cui ha controllato se c’erano i fondi necessari fino all’arrivo di essi,
    erano passati appena 3 nanosecondi.
    Mi riferisco naturalmente all’accredito automatico mensile della mia pensione…
    un accredito che, lo ammetto, avviene puntualmente da “soli” 8 anni.
    Le faccio inoltre i complimenti per quei 30 dollari scalati dal mio conto a titolo di sanzione per il disagio causato alla sua banca.
    Le confesso che questo spiacevole incidente mi è servito per rivedere e cambiare il mio approccio al mondo finanziario.
    Io rispondo personalmente alle vostre lettere e alle vostre telefonate, al contrario, quando sono io a contattarvi,
    mi ritrovo sempre a che fare con un’entità impersonale fatta di lunghe attese e voci pre-registrate…
    questo è quello che ormai è diventata la sua banca!
    D’ora in poi anche io, come lei, scelgo di rivolgermi soltanto ad una persona in carne e ossa.

    D’ora in poi mutui e prestiti non verranno più pagati automaticamente, ma tramite assegno spedito alla vostra banca e indirizzato personalmente a un vostro dipendente da nominare.
    Come lei saprà benissimo, è REATO ai sensi della legge aprire una busta intestata ad un’altra persona.
    Allego a questa lettera un modulo di contatto che un suo dipendente dovrà compilare per la ricezione dei miei assegni.
    Mi dispiace che il modulo sia lungo ben 8 pagine,
    ma ho bisogno di sapere tanto sul suo dipendente quanto la sua banca vuole sapere di me, non c’è alternativa.
    E’ pregato di notare che tutte le copie delle cartelle cliniche del suo dipendente devono essere controfirmate da un notaio,
    e dei dettagli riguardanti la sua situazione finanziaria (reddito, debiti, attività e passività)
    devono essere accompagnati da prove documentate.
    A tempo debito, a mio piacimento, rilascerò al suo dipendente un codice PIN che lui/lei dovrà
    utilizzare prima di mettersi in contatto con me.
    Mi dispiace che il codice sia lungo 28 cifre,
    esattamente il numero di pressioni sui tasti del telefono che faccio
    per accedere al mio saldo del conto tramite il vostro servizio telefonico.
    Come si suol dire, l’imitazione è la più sincera forma di adulazione!
    Vorrei aggiungere qualche altro piccolo appunto.
    Quando mi chiama è pregato di premere i tasti come segue:

    AD INIZIO CHIAMATA PREMA (*) PER SELEZIONARE LA LINGUA INGLESE.
    #1 Per fissare un appuntamento.
    #2 Per richiedere un mancato pagamento.
    #3 Per trasferire la chiamata nel mio soggiorno, nel caso io sia lì.
    #4 Per trasferire la chiamata nella mia camera da letto, nel caso stia dormendo.
    #5 Per trasferire la chiamata nel mio bagno… nel caso sia impegnata nei miei bisogni fisiologici.
    #6 Per trasferire la chiamata al mio cellulare, se non sono a casa.
    #7 Per lasciare un messaggio sul mio computer, verrà richiesta una password per poter accedere al mio computer.
    #8 Per tornare al menu principale.
    #9 Per fare un reclamo.

    A volte si troverà di fronte a delle lunghe attese, ma non si preoccupi! Una musica melodica le farà compagnia per tutta la durata.
    Le faccio i miei più sinceri auguri per un felice, anche se spero meno prosperoso economicamente, anno nuovo.
    Una sua umile Cliente
    E si ricordi: mai complicare la vita ad una persona anziana.
    Innanzitutto non ci piace sentirci vecchi, quindi non ci vuole molto per farci inxxxxxxx. (ehm arrabbiare! :p)

    - dal web -
     
  3. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Il re che amava le favole
    (ETIOPIA)
    In uno sperduto angolo del regno d’Etiopia, viveva un re che amava le favole più di ogni altra cosa al mondo.
    Diventato vecchio, però, si annoiava perché ormai le conosceva tutte.
    Così un giorno fece annunciare in tutto il Paese che avrebbe dato il titolo di principe a chiunque gli avesse saputo raccontare una favola nuova, in grado di suscitare la sua attenzione e la curiosità di conoscere il finale.
    Numerosi cantastorie vennero da tutti gli angoli del reame e dai Paesi vicini,
    ma nessuno riuscì ad interessare le orecchie reali, sempre tristi e distratte.
    Un giorno un povero contadino bussò alle porte del palazzo per raccontare al vecchio re la storia di un agricoltore che aveva ammassato nel suo granaio il raccolto più ricco della sua vita.
    Ma c’era un piccolo buco nel granaio e, quando tutto il grano fu portato dentro, una formica vi entrò e portò via un chicco.
    “Molto interessante, continua” disse il re.
    Il contadino proseguì:
    “Il secondo giorno un’altra formica passò nel buchino e portò via un altro chicco di grano, il terzo giorno accadde la stessa cosa...”.
    Il re era ormai molto preso dalla storia del contadino e chiese di tagliare corto sui dettagli per sapere come andava a finire tutto quel via vai di formiche nel granaio.
    “Vai avanti, non mi annoiare!”, urlò il re rosso in viso.
    Ma il contadino continuava.
    “Basta! Vai avanti!”, ordinò il re.
    Il contadino sembrava sordo e proseguiva con la sua cantilena di formiche e chicchi di grano.
    Si interruppe per dire:
    “Mio re, questa è la parte più importante della storia: il granaio è ancora pieno di chicchi di grano”.
    Allora il sovrano esclamò:
    “Hai vinto tu! Ho capito che bisogna saper ascoltare gli altri con pazienza e umiltà.
    I racconti più belli non sono quelli che ci stupiscono con grandi eventi, ricchezze, rivoluzioni e storie d’amore impossibili. Sono quelli che, come succede nella vita di ogni giorno, ci fanno sperare di riuscire a vedere i risultati dei nostri sforzi”.
    Così il contadino divenne un principe e nacque il proverbio:
    “Un granello alla volta si costruisce una fortuna”.
     
  4. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    La nascita del papavero

    In un tempo lontano accadde un giorno che il Sole, mentre camminava attraverso la volta celeste,
    cominciò a dolersi dicendo:
    “Oh! Questi giorni d’estate sono così lunghi, e nemmeno una nuvoletta che mi faccia compagnia.
    In questi giorni il tempo sembra, non passare mai!”.
    Gli spiriti dell’aria che udirono le sue parole, non sapendo cosa fare, decisero di chiedere aiuto ai folletti dei boschi.
    Questi si riunirono e discussero a lungo, perché era veramente difficile trovare qualcosa di così bello e sempre nuovo,
    così da vincere la malinconia del sole.
    Pensa e ripensa, discuti e ridiscuti, alla fine tutti si convinsero che non c’era niente di più bello e vario dei fiori.
    “Chiederemo alla terra di inventare un nuovo fiore”, disse uno, ma il folletto più vecchio e saggio disse:
    “Il fiore che doneremo al Sole, in segno di ringraziamento, dovrà essere un fiore speciale,
    un fiore nuovo e mai visto, dovrà nascere dai sogni di un bambino”.
    Fu dunque deciso.
    Tutti partirono alla ricerca di fiori, sognati, inventati, o disegnati dai bambini di tutta la terra.
    I giorni passarono e dopo un lungo cercare, si ritrovarono nel cuore del bosco.
    Ognuno portava con sé le immagini bellissime dei fiori sognati dai bambini
    che avevano incontrato nel loro peregrinare.
    Erano fiori grandi e piccoli, umili e sfarzosi, fiori di carta o di seta,
    fiori di cristallo o di semplici fili d’erba intrecciati, fiori d’oro o d’argento.
    Era veramente difficile scegliere il fiore più bello,
    tanto che i folletti cominciarono a discutere e a litigare tra di loro.
    Ma ecco, che la porta si aprì lentamente, cigolando, nel silenzio improvviso che regna nel cuore della foresta:
    nessuno dei folletti si era accorto che il più piccolo di loro non era ancora ritornato dal suo viaggio.
    Lo videro entrare ancora affannato e stanco per il lungo cammino, e con sé,
    non aveva che una piccolissima scatola.
    Tutti lo osservarono con curiosità, e pensando che tanta fatica lo aveva portato a quella scatolina insignificante,
    scoppiarono in una fragorosa risata.
    Ma il più vecchio e saggio, li zittì, chiedendo al piccolo Evelino, di raccontare per primo la sua storia.
    Ancora ansante e un poco intimorito, Evelino cominciò il suo racconto:
    “Ho viaggiato nei sogni dei bambini, ed ogni volta credevo di aver trovato il fiore più bello,
    così lo raccoglievo e lo portavo con me.
    Ma quando lo riponevo nel cesto con gli altri fiori,
    rimanevo stupito e guardando il cesto rimanevo incantato
    e non sapevo più riconoscere il più bello.
    Così continuai a cercare, e cercare ancora, e il mio cesto fu presto colmo.
    Decisi allora di ritornare, quando un vento dispettoso venne e cominciò a soffiare e soffiare sempre più forte,
    finché perduto il mio cammino, turbinando mi portò con sé.
    Quando la bufera si placò, mi ritrovai nei pressi di una capanna, sperduta tra i monti.
    Qui viveva un bambino molto povero; non aveva i soliti giocattoli delle vetrine di città,
    ma era ricco di fantasia e ogni volta sapeva inventare o creare nuovi giochi,
    usando sassi, fili d’erba e pezzi di legno.
    Lo vidi correre e saltare nel suo piccolo regno, quand’ecco trovò fra l’erba del prato un foglio di carta leggera
    che il vento aveva lasciato cadere.
    Lo raccolse, lo porto in casa e lo colorò con l’unico pastello che possedeva, di un bel rosso vivo.
    Ritagliò i petali delicati e li cucì tra loro con un sottile filo nero.
    Ne nacque un fiore così bello, come non ne avevo mai visto.
    Lasciai in dono al bambino il cesto con tutti i fiori raccolti, e gli chiesi in cambio quel suo unico fiore.
    Intanto che raccontava, il piccolo folletto aprì la piccola scatola,
    e alla vista di quel fiore tanto intenso quanto delicato, tutti rimasero incantati.
    Allora il più vecchio disse:
    ” Piccolo Evelino, hai scelto col cuore. Il fiore che hai portato verrà dato alla Terra, perché lo custodisca, e possa farlo nascere.
    Esso fiorirà nei campi di grano, e tra le spighe selvatiche sul ciglio dei fossi;
    mischierà il suo colore a quello del sole, perché sempre si ricordi che nacque per portare gioia e serenità. "
    Quando poi il sole vide il nuovo fiore rosseggiare tra le spighe dorate,
    commosso per il dono ricevuto, lo ricambiò donandogli la sua luce.
    E ancora oggi, nel tramonto delle sere d’estate,
    i papaveri,
    come fiammelle accese, portano memoria di quel tempo che fu.

    - M. Giussani -

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  5. antobon

    antobon Colonnello del forum


    Filastrocca del mese di giugno,
    il contadino ha la falce in pugno:
    mentre falcia l’erba e il grano
    un temporale spia lontano.
    Gli scolaretti sui banchi di scuola
    hanno perso la parola:
    apre il maestro le pagelle
    e scrive i voti nelle caselle…
    “Signor maestro, per cortesia,
    non scriva quel quattro sulla mia:
    Quel cinque, poi, non ce lo metta
    sennò ci perdo la bicicletta:
    se non mi boccia, glielo prometto,
    le lascio fare qualche giretto”.

     
  6. IVA

    IVA Autore attivo

    LEGGENDA DEL FANTASMA FORMAGGINO​

    Nella torre più alta del Castello Magico Diroccato, il Fantasma Formaggino vagava senza pace, solo e pensieroso. Aveva un’aria malinconica e lontana, e si teneva la testa pesante e dolorante (pensava troppo) con la mano, fluttuando a mezz’aria.
    Quale onta, quale smacco, quale disdetta essere un fantasma a metà!
    Si sentiva incompleto, proprio uno scherzo della natura. Gli altri fantasmi erano nati per terrorizzare le persone, e svolgevano il loro ruolo con orgoglio e impegno.
    Formaggino non avrebbe mai potuto spaventare qualcuno con quel nome e quell’aspetto: era piccolo e paffuto, e faceva tenerezza più che paura, simpatia più che terrore.
    Formaggino, inoltre, era buono e ingenuo per natura, calmo e tranquillo, e molto generoso, non sarebbe mai stato capace di essere cattivo e fare paura ai bambini.
    I suoi genitori l’avevano diseredato, i fratelli lo deridevano, tutti lo consideravano la pecora nera delle famiglia, e lo avevano abbandonato. Formaggino aveva attraversato mari e terre, mura e pareti, alla ricerca di un posto dove starsene in pace a meditare sulla sua misera esistenza.
    Pensava tutto il giorno e tutta la notte, ma non era riuscito a trovare niente di spaventoso da fare. Niente di pauroso da dire. In compenso gli era venuto un gran mal di testa, e stava per piangere.
    Una piovosa giornata di marzo Formaggino gravitava per il castello particolarmente irrequieto, quando si imbatté nel fantasma della Principessa Lilla Domitilla, l’unica che avesse considerazione di lui e che gli facesse compagnia.
    – Non sopporto di vederti così, sei sempre infelice e insoddisfatto. Invece di cercare di essere ciò che non sei, dovresti sfruttare le tue qualità!-
    Qualità?! Che qualità? Non sapeva fare quello per cui era nato, mancanza sufficiente a farlo sentire un essere infimo e privo di autostima.
    Poi però, ripensandoci, concluse che Lilla aveva ragione, e prese una decisione che avrebbe dato una svolta alla sua vita.
    Si chiamava Formaggino? Era dolce e disponibile? Benissimo. Perché non ci aveva pensato prima?
    Si precipitò al supermercato, cercò il banco frigo e passò in rassegna tutti i tipi di formaggio, pecorino, caprino, parmigiano, provolone, scamorza affumicata, asiago, fontina… Ecco! Stracchino! Entrò immediatamente in una confezione di stracchino: si stava bene lì dentro, era fresco, bianco e morbido. E gustoso.
    Una signora si avvicinò e lo comprò: Formaggino non era mai stato così contento.
    Finalmente aveva capito che la sua strada era quella di essere un formaggio spalmabile.
    Sul pane, poi, era davvero ottimo. Ben fatto, piccolo Formaggino!
     
  7. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Voglia di coccole

    L’amore le richiede ogni momento
    per avere garanzia del sentimento;
    la passione le effonde sulla pelle
    con emozioni che portan tra le stelle;

    Offre coccole, il materno atto amoroso,
    al grembo che protegge il seme più prezioso;
    e a sperare nel domani sempre invita,
    chi sente il palpitar di un’altra vita.

    Se ne compiace l’innocente fantolino,
    le reclama tacitamente anche il bambino;
    l’adolescente le anela, alle prime pulsioni,
    per dare conferma a vaghe sensazioni.

    Dolce é la carezza, sul viso un po’ sciupato
    di chi palesemente ha sempre molto amato;
    trasmette conforto e riesce a rincuorare
    chi le offese del tempo vorrebbe contrastare.

    E’ un gesto di palese tenerezza
    sta in superficie, ma dona concretezza
    a un sentimento in cui l’avarizia
    viene subìta come un’ingiustizia;

    La coccola che arriva inaspettata,
    può volgere al meglio un’intera giornata;
    essere generosi consente di donare
    un bene prezioso, che non si può comprare !

    - dal web -

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  8. antobon

    antobon Colonnello del forum



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    Oggi, un bimbo mi ha chiesto: “Ma il cuore sta sempre nello stesso posto, oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?”
    Io: “No, il cuore resta sempre nello stesso posto, a sinistra..” Ed intanto penso: “..poi, un giorno, crescerai.
    Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti diversi, senza abitare davvero nessun luogo.
    Ti sale in gola, quando sei emozionato. O precipita nello stomaco, quando hai paura, o sei ferito.
    Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti, e sembra volerti uscire dal petto. Altre volte, invece, fa cambio col cervello.
    Crescendo, imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in altre mani, e il più delle volte, ti tornerà indietro un po’ ammaccato.
    Ma tu non preoccupartene, sarà bello uguale, o forse, sarà più bello ancora.
    Questo però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo.
    Ci saranno giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo perso.
    E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto malandato.
    Poi, ci sarà un altro giorno, un giorno un po’ diverso, un po’ speciale, un po’ importante.. quel giorno, capirai che non tutti hanno un cuore.”

    ...LA MORALE: C'è un organo nel nostro corpo che fa sì che se esso è malato, si ammalano anche tutti gli altri: il nostro cuore!
     
  9. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    La borsa delle donne


    Ogni donna ha una borsa di pelle un po’ lisa
    l’agguanta di corsa quando esce decisa
    ci tuffa la mano, ci trova di tutto:
    il sacro, il profano, il bello ed il brutto.
    Ci trova la spazzola ed il cellulare
    per sciogliere i nodi e i pensieri domare
    tra chiamate sospese e risposte mai giunte
    non c’è balsamo adatto alle sue doppie spunte.
    C’è un paio di occhiali, neri, da sole
    se fuori è la luce ed è dentro che duole.
    se fuori fa caldo e dentro è già inverno
    le si appannano gli occhi, la condensa è all’interno.
    Ci son carte che attestano la sua identità
    ma a un esame più attento non c’è verità
    e così nonostante i suoi dati sian chiari
    ha più sogni che segni tra i particolari.
    Ha comprato un’agenda al posto di un diario
    che agire le piace, col vento contrario
    lei che spesso in amore è stata avventata
    scegliendo d’istinto la gente sbagliata.
    Ci ha messo più cura con le angurie al mercato
    battendo le nocche contro il primo strato
    quel tizio al contrario l’ha solo annusato
    la testa era vuota, il gusto annacquato.
    Tra i trucchi scaduti c’è un buon correttore
    cancella le occhiaie, migliora l’umore
    nasconde le notti “mi pensa, ti penso”
    si sveglia, è mattina: “m’illudo d’immenso”.
    Ci sono castagne dell’autunno passato
    e un pugno di sabbia la stoffa ha incrostato
    una sciarpa che indossa d’inverno e la sera
    una viola in un libro che fa primavera.
    Preferisce le piante ai fiori recisi
    e di tutte le specie detesta i Narcisi
    se ne trova qualcuno lungo la via
    non si fa più ammaliare, ha l’allergia.
    In fondo alla fodera, la stoffa è bucata
    è lì che una chiave si è rintanata
    la cerca da tempo, la credeva smarrita
    la guarda, la osserva, ce l’ha tra le dita.
    In fondo alla borsa un segreto ha scoperto,
    è una chiave che apre un cuore già aperto:
    amare davvero è tra i doni, i più rari
    non perdi alla fine,
    o vinci o impari.

    - E. Tesio -​
     
  10. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Il paese del sottosopra.
    E' un paese strano quello di cui vi narrerò ragazzi, si chiama “Paese del Sottosopra”e mai nome è stato più azzeccato.
    Qui il domani viene prima di ieri, la capra campa non sopra ma sotto la panca, i treni viaggiano sotto le rotaie sospese in aria e quando Lorenzo, per lo scherzo di uno spiritello dispettoso, correndo veloce sulla sua bicicletta, si ritrovò all'improvviso nella piazza principale del paese, stupito si fermò. Guardandosi attorno si accorse di essere l'unico a stare nella posizione giusta.
    La fontana della piazza zampillava alla rovescia, ma l'acqua come per magia non scorreva per la strada, la si vedeva solo zampillare all'ingiù. Gli alberi intorno alla piazza, carichi di piccole susine selvatiche, avevano la chioma in basso, tanto che lui poteva cogliere i frutti senza alcuna fatica o la necessità di tendere le braccia.
    Lorenzo non credeva a quello che vedeva e, pensando di avere le allucinazioni, decise di fare un giretto per quel paese strano.
    Al suo passaggio le persone si fermavano a guardarlo stupite, perché era proprio lui ai loro occhi, un fenomeno da baraccone.
    Lo spiritello dispettoso, che nel frattempo controllava la situazione da una posizione strategica, se la rideva sotto i baffi, tanto che richiamò l'attenzione di suo fratello, Fluflù, che era veramente seccato per il comportamento dell'irriverente consanguineo, Giogiò, anche perchè toccava sempre a lui poi rimediare agli inconvenienti provocati da quello spiritosone.
    "Ancora! - esclamò Fluflù spazientito - non puoi proprio farne a meno eh, bricconcello che non sei altro! Sempre a combinar scherzi! Non ti sembra sia giunta l'ora di trovarti un'occupazione, diciamo, più...seria"?
    "E rinunciare a tutto questo"? - commentò lo spiritello osservando l'effetto prodotto dalla sua ultima bravata.
    Lorenzo, sempre più a disagio, poichè era l'unico che camminasse con i piedi, mentre com'è ovvio dato il nome del paesello, tutti gli abitanti si spostavano come acrobati da circo, sui palmi delle mani, decise di saperne di più su quel posto fuori dall'ordinario. Avvicinò quindi un ragazzo che sembrava avere la sua stessa età e, piegandosi con la testa all'ingiù domandò:" Scusa, puoi spiegarmi il motivo per cui qui tutto è sottosopra? Cosa è accaduto"?
    "Ma che stai dicendo? - rispose seccato il ragazzino - Qui, se c'è qualcuno che sta sottosopra, sei proprio tu bello mio"! - e se ne andò scuotendo il capo in segno di disappunto. Lorenzo, per nulla soddisfatto da quella secca e irriverente risposta, decise di rivolgersi ad una persona più matura, sperando di ottenere delle risposte a tutte le domande che gli frullavano per la testa...all'ingiù! Al passare di un anziano signore, il ragazzo pensò di approfittarne ed avvicinandosi chiese ossequioso:"Mi scusi buon uomo, sarebbe così gentile da spiegarmi come mai in questo paese ogni essere animato o inanimato si trovi sottosopra"?
    Il vecchietto, fermandosi, guardò con curiosità Lorenzo, la cui faccia stava diventando paonazza a furia di stare in una posizione non certo ideale per gli umani.
    Gustavo, così si chiamava l'anziano signore, resosi conto del disagio di Lorenzo, gli disse ridacchiando:
    " Ah ah, giovanotto, rimettiti in piedi o rischierai un malanno. Dai, e ti spiegherò tutto"!
    Con una carambola il ragazzino si ritrovò nella sua normale ed abituale posizione; per qualche istante la testa gli girò a tal punto da costringerlo ad aggrapparsi ad un palo del telefono che, in un modo o nell'altro, sempre dritto stava. Quando finalmente il suo colorito tornò normale, il ragazzo, dopo essersi ripreso, attendeva curioso, che Gustavo gli spiegasse il motivo della particolarità di quel paese, ma l’uomo gli disse: “Caro Lorenzo, prima delle spiegazioni voglio che tu venga con me e ti guardi attorno. Vieni. andiamo a fare un giro.
    Lorenzo seguì Gustavo, rimanendo nella sua posizione naturale.
    “L'importante è capirsi e rispettarsi”, pensava il vecchio Gustavo che con la sua lunga esperienza ciò lo aveva compreso da tempo, e quindi accettava Lorenzo con la sua diversità ed era consapevole delle perplessità del ragazzo nel ritrovarsi in un paese tanto differente dal suo.
    Lorenzo si tranquillizzò e seguì Gustavo con fiducia.
    Si ritrovarono in campagna: grandi distese di un arancio intenso attirarono la sua attenzione...si chinò, chiedendo al vecchio che tipo di fiori fossero. Quello, ridendo, gli rispose: “Non sono fiori, sono carote”! “Come? Carote"? chiese incredulo Lorenzo. “ Certo! - gli rispose l'anziano signore, sono proprio carote, non le riconosci”?
    -“Ora che me lo dici e…guardando meglio…sì - disse Lorenzo - solo che da noi non stanno sopra la terra...ah, giusto! - continuò il ragazzino – sottosopra, è ovvio”!
    -“Vieni, proseguiamo, ti condurrò a visitare la stalla del signor Tommaso.
    Lorenzo, ormai consapevole della "normale diversità" del paese "Sottosopra", seguì la sua guida, impaziente di scoprire quanto più possibile su quel posto...alla rovescia.
    "Tommaso! Ehi, vecchio brontolone...ci sei"? - si annunciò Gustavo ridacchiando.
    "Certo che ci sono, birba d'un burlone! Qual buon vento ti porta da me"? - e così dicendo un signore che sembrava avere più o meno la stessa età di Gustavo uscì da quella che doveva essere la stalla, dato che si sentivano distintamente dei poderosi muggiti ed un intenso odore di fieno appena tagliato si spandeva nell'aria.
    Quando Tommaso, che ovviamente si spostava come tutti i suoi compaesani, a testa in giù e gambe in su, si accorse che il suo amico non era solo, ma che era in compagnia di un ragazzo alquanto strano, che poggiava il suo corpo sui piedi e non sulle mani, esclamò:"Poffarbacco! Chi è costui"? Da quale strano pianeta è giunto qui da noi"?
    Fu Lorenzo a soddisfare la curiosità dell'anziano allevatore: "A dir la verità, signore, non ho la minima idea di come io sia arrivato nel vostro paese...ricordo che stavo facendo un bel giro in bicicletta e...paff! Mi son trovato in questo posto così singolare e...originale direi. Sa, dove vivo io, tutte le persone, le cose, gli animali, hanno una posizione completamente opposta alla vostra...mi guardi! - e il ragazzo fece qualche passo, inforcò la sua bici e mostrò a Tommaso come si spostava e faceva piroette e acrobazie, ma sempre nella stessa posizione familiare a noi umani. Ripensandoci...anche in quel paese gli abitanti erano esseri umani, i cani erano cani, i gatti erano gatti, le mucche erano mucche e via dicendo...Per questo Lorenzo era così perplesso e non riusciva a capire il perchè di quella...anomalia? Si potrebbe chiamarla così? Beh, direi proprio di sì.
    Fu in quel preciso momento che dalla casa di Tommaso, ovviamente sottosopra anch'essa, uscì una ragazzina che sembrava avere la stessa età di Lorenzo. Gaia, questo era il suo nome, si avvicinò e, camminando a mani in giù come in quel paese si usava fare, si avvicinò a Lorenzo ridendo allegramente di lui “Non ti preoccupare – disse - come ti chiami”?
    -“Lorenzo - rispose prontamente il nostro ragazzo.
    -“Piacere di conoscerti Lorenzo, io sono Gaia. Ti stavo dicendo di non preoccuparti, perchè la soluzione è molto più semplice di quel che tu possa immaginare: è solo questione di ottica”!
    -“Ottica?- si meravigliò Lorenzo”!
    -“Sì ottica, punto di vista…hai presente”?- spiegò con aria saccente Gaia, che era arrivata nel paese Sottosopra dopo una caduta sui suoi fiammanti pattini a rotelle e sempre per opera dello stesso spiritello che aveva dato origine all'avventura di Lorenzo. Tuttavia a lei questo posto era diventato così simpatico che ci tornava spesso per trascorrere i suoi giorni di vacanza. La bambina chiese ancora: “ Dimmi un po’… sei caduto per caso”?
    -“Sì, è così - rispose Lorenzo - sono caduto dalla mia bicicletta”!
    La bambina con aria trionfante gli disse, anzi gli urlò ridendo: “Ecco la spiegazione! Chiunque cada sulla piazza, al terzo metro dalla casa del su, poi si ritrova che non sa veder chi sta giù! O meglio, tu ci vedi…ma non credere a quel che vedi... perchè in realtà noi siamo come te”!
    -“Cosaaa”?- gridò Lorenzo molto sorpreso, anzi...Sorpresissimo!
    -“Sì, mio caro, il mondo è negli occhi di chi guarda… ora metti questi occhialini e abbi un po’ di pazienza…fra tre ore non ne avrai più bisogno per vedere tutto in giù. Però…
    -“Però”? - aspettava ansioso Lorenzo.
    -“Però, quando capitò a me, io non li ho messi. Era troppo divertente! Ho visto cose buffissime!!! Sai che ho visto piovere sottosopra? - continuò la piccola Gaia - sì sì, è proprio vero… le goccioline di pioggia salivano verso il cielo per andare a formare le nuvole e noi non eravamo bagnati affatto, anzi ci sentivamo più asciutti di prima!!! Strabiliante, bellissimo, incredibile!!! E poi ho visto il fiume Allindietro, quello che attraversa il paese, andare non al mare ma verso la montagna con le barche piene di taglialegna e non di pescatori. Ma la cosa più strabiliante non potrai mai e poi mai immaginarla...dai, prova!
    - esortò Gaia invitando Lorenzo ad indovinare di cosa si trattasse.
    "Mmmmm...Ehm...no, mi arrendo! Dimmelo ti prego"! - si arrese Lorenzo.
    "Eh, mio caro...non hai proprio capacità di osservazione. Guarda laggiù"! - disse Gaia indicando un punto ben preciso.
    Fu solo allora che Lorenzo si rese conto di quale fenomeno straordinario fosse testimone in quel momento e in quel luogo: il Sole non si trovava come suo solito in quell'ora del giorno su, nel cielo, ma era praticamente a portata di mano...così vicino e quasi a sfiorare il terreno che il ragazzo fu tentato di avvicinarsi così da poterlo toccare.
    Allungò un braccio per sentire il calore della Stella, ma sentì la risata di Gaia e si fermò, voltandosi verso la bambina:"Beh? Cosa c'è da ridere"?
    "Ma dai, Lorenzo, sei davvero convinto che il Sole sia proprio dove lo vedi tu? Allora non hai capito nulla di ciò che ti ho detto...illusione ottica, mio caro...pura illusione. Eppure dovresti saperlo che il Sole è una stella che non si può neanche guardare a occhio nudo, figuriamoci toccarla addirittura. Ti incenerirebbe all'istante"!
    "Che peccato! - esclamò Lorenzo - è così bello e sembra così vero, in quella posizione"!
    "E non hai ancora visto l'effetto Luna e quello delle altre stelle più lontane! E' uno spettacolo indimenticabile! Ora puoi scegliere: se vuoi l'illusione non mettere gli occhialini, se invece vuoi tornare nella realtà mettili e tutto sarà di nuovo regolato dalla legge di gravità nel giusto verso"!
    "Lorenzo ci pensò su e decise che preferiva vedere le cose, come esse fossero nella realtà.
    In fondo, il mondo era stato creato con la gravità e quindi occorreva vederlo come in effetti era fatto. Comunque, entusiasta di quella meravigliosa esperienza nel paese del sottosopra, decise che avrebbe usato quell'idea per progettare, una volta divenuto uomo, un grandissimo parco di divertimenti per bambini che, prima di entrare, avrebbero ricevuto degli appositi occhiali che permettessero loro di vedere tutto alla rovescia, esattamente "sottosopra".
    E Lorenzo mantenne i suoi propositi: da adulto pensò e realizzò quello che era stato il suo sogno di bambino. Fu così che oltre ai "piccoli", anche molti "grandi" entrando nel parco di Lorenzo, che tutti ormai chiamavano veramente "Il paese del sottosopra". Poterono vedere oltre a cose e persone rovesciate, anche l'esatto contrario di tutte le loro decisioni prese nel mondo reale e... se ne videro delle belle!
    Sapete bambini, quanti "grandi" ritornarono nel mondo reale ed iniziarono ad agire, di conseguenza, veramente alla rovescia?
    Ebbene, lo fecero tutti coloro che, rendendosi conto di aver fatto delle scelte non proprio giuste o non abbastanza ragionate, con conseguenze negative, ebbero l'opportunità di correggere i propri errori con grande soddisfazione.
    Ah…stavo per dimenticare Giogiò! Ricordate? Lo spiritello burlone! Ebbene egli decise di andare contro le proprie bizzarre attitudini allo scherzo e, insieme al fratello Fluflù, operò una straordinaria magia per aiutare Lorenzo nel suo straordinario progetto: chiamò un suo amico, un grosso ragno nero chiamato Ragno Lone e gli ordinò di costruire una ragnatela enorme, sia in larghezza che in altezza, in modo che il vento, passando tra le sue trame, suonasse una musica melodiosa, ma così melodiosa che tutte le persone ne venissero attratte, fino a giungere all’ingresso del Parco e una volta lì…come non entrare?
    Il "Paese del sottosopra" esiste ancora, gestito dai pronipoti di Lorenzo. Per entrarvi non si paga alcun biglietto, ma bisogna dimostrare i buoni propositi che spingono i visitatori a cercare una soluzione ai problemi che li affliggono. Eh già, nel mondo c'è ancora e forse ci sarà sempre chi opera scelte sbagliate a danno di altri, costretti a subire spiacevoli conseguenze. Forse la visita al Parco è una lezione di vita...vedere tutto alla rovescia, dimostrando il male che ne può nascere, induce a più attente riflessioni nel mondo reale prima di agire. Sappiamo bene quanto bisogno c'è di razionalità e buon senso nel Mondo intero. Ed allora coraggio...facciamo un po' di pubblicità al "Paese del sottosopra" ed inviamo inviti a profusione. Chissà! Forse riusciremo a "raddrizzare" tutto ciò che è...alla rovescia!
     
  11. momimelli

    momimelli Ammiraglio del forum


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    Filastrocca del deserto


    Bianco deserto, senza una strada
    Sembra lo stesso dovunque tu vada
    Sabbia su sabbia, duna su duna
    Superi una e ce n’è ancora una
    Giorno di luce, notte di gelo
    Il posto in terra più simile al cielo
    Il sole è in alto, la sabbia è in basso
    Non c’è la strada, ma c’è il tuo passo
    Tieni il tuo passo, il più bello che hai
    E quel deserto lo attraverserai

    - Bruno Tognolini -
     
  12. IVA

    IVA Autore attivo

    Il Contadino​


    Porta sull’ampie spalle il suo fardello.
    la zappa luccicante ed il piccone,
    cammina fischiettando una canzone
    mentre lo bacia in fronte il sol novello.
    Sorride alla campagna circostante,
    che lo vide ogni giorno alla stess’ora,
    saluta con lo sguardo le sue piante
    e il fertile terreno che l’onora.
    Poi si accinge al lavoro con fermezza,
    senza indolenze, senza un sol lamento:
    passa tra l’erbe sussurrando il vento
    che scompiglia i capelli e li accarezza.
    A mezzogiorno, smette di zappare
    per la parca, affrettata colazione;
    poi ricomincia sotto il solleone
    con maggiore entusiasmo a lavorare.
    Finchè viene la sera… O contadino,
    io t’ammiro e ti guardo con rispetto,
    mi piace il fare tuo sincero e schietto,
    che non conosce l’ozio cittadino.​
     
    A lorilu piace questo elemento.
  13. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Prova d'amore

    C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà.
    Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa.
    Ma la giovane non sapeva decidersi.
    - A chi mi concederai? - chiese a suo padre.
    - Non so - disse il padre -
    Lascio scegliere a te: sono sicuro che tu, giudiziosa come sei, farai la scelta migliore.
    - Facciamo così - propose la giovane -
    Tu fai sapere che sono stata morsa da un serpente velenoso e sono morta.
    I membri della famiglia reale prenderanno il lutto.
    Suoneranno i tam-tam dei funerali e cominceranno le danze funebri.
    Vedremo cosa succederà.

    Il re, sorpreso e un po' controvoglia, accettò.
    La triste notizia si diffuse come un fulmine.
    Nei villaggi fu un gran parlare sommesso, spari di fucile rintronavano in segno di dolore,
    mentre le donne anziane, alla porta della stanza mortuaria, sgranavano le loro tristi melopee.
    Ed ecco arrivare anche i pretendenti della principessa.
    Si presentarono al re e pretesero la restituzione dei beni donati.
    - Giacché tua figlia è morta, rendimi i miei gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.
    Il re accontentò tutti, nauseato da un simile comportamento.
    Capì allora quanto sua figlia fosse prudente.
    Per ultimo si presentò un giovanotto, povero,
    come appariva dagli abiti dimessi che indossava.

    Con le lacrime agli occhi egli disse:
    - O re, ho sentito la dolorosa notizia e non so come rassegnarmi.
    Porto queste stoffe per colei che tanto amavo segretamente.
    Non mi ritenevo degno di lei.
    Desidero che anche nella tomba lei sia sempre la più bella di tutte.
    Metti accanto a lei anche queste noci di kola perché le diano forza nel grande viaggio.

    Il re fu commosso fino al profondo del cuore.
    Si presentò alla folla, fece tacere ogni clamore e annunciò a gran voce:
    - Vi do una grande notizia: mia figlia non è morta.
    Ha voluto mettere alla prova l'amore dei suoi pretendenti.
    Ora so chi ama davvero e profondamente mia figlia.
    E' questo giovane! E' povero ma sincero.
    Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo.
    I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.

    ( Fiaba Africana )​
     
  14. IVA

    IVA Autore attivo


    Poesia in vacanza

    E’ andata in vacanza la poesia
    ma nessuno l’ha vista prendere la via
    se sia andata al mare o in montagna
    in una grande città od in campagna.
    Di certo io la incontrerò al mio paese
    quando ci andrò il prossimo mese
    la vedrò sulle facce dei vecchietti
    la sentirò nei versi dei passeri sopra i tetti.
    L’aspetterò al mattino di buon’ora
    quando il sole brilla ma non brucia ancora
    ci daremo poi appuntamento alla notte
    per ascoltare i grilli trillare a frotte.
    La raccoglierò infine come preziosa essenza
    nelle lacrime di mio nonno alla partenza:
    chissà se prima che un’altra volta possa ritornare
    egli se le sentirà ancora di stare lì ad aspettare!​
     
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  15. antobon

    antobon Colonnello del forum

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    Poesia di Sully Prudhomme

    Il cigno

    Sullo specchio d'un lago d'acque calme,
    taglia silente l'onda il cigno, e avanza
    con le sue larghe palme. Bianca e lieve
    è la pelurie al fianco, come neve
    al sole che la scioglie nell'aprile.
    Con l'ala ferma e opaca; al vento trepida,
    naviga e va come un veliero antico:
    erge il bel collo candido, l'affonda
    voluttuoso in acqua, lo protende
    disteso a fior dell'onde, o il nero becco
    nel bianco petto immacolato immerge.
    A volte si rifugia in mezzo ai pini
    nella calma e nell'ombra, e con le palme,
    premendo l'erba ch'alta il passo ingombra,
    languido avanza nella grotta ombratile
    o alla querula fonte che lamenta
    un morto amore. Qualche stanco salice
    con le foglie gli sfiora il niveo fianco.
    A volte lascia il bosco e va sull'erba
    in pieno azzurro, alto e superbo il capo,
    cercando un luogo aperto dove a lungo
    pavoneggiarsi, e più risplenda il sole.
    Poi, quando a sera il lago appena scorgesi,
    ed ogni aspetto par vago fantasma
    ed arde all'orizzonte un rosso solco;
    quando né giunco né gladiolo trema
    e già la rana canta e il cielo imbruna
    e al chiar di luna splendono le lucciole,
    il cigno, a fior dell'acqua ove rispecchia
    la sera immensa l'ombra sua di viola,
    come un bel vaso argenteo fra i riflessi
    di lattee gemme, e sotto l'ala il capo,
    chiuso in due firmamenti, si addormenta.

     
  16. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Leonzio e Karàn
    Leonzio non aveva pace. Era intelligente, capace, ricco anzi ricchissimo, ma era un tipo che non aveva pace.
    Leonzio possedeva una fabbrica di candele che era il suo unico vero orgoglio. L’aveva costruita partendo da una botteguccia di cerini tanti anni prima, tanti davvero perché Leonzio ormai aveva una certa età e anche qualche acciacco.
    Ma mal di schiena e calli a parte, lui non si fermava. D’altra parte non aveva famiglia, non aveva amici, non aveva passatempi.
    Aveva solo un’idea fissa e costante: fare la sua fabbrica di candele sempre più grande.
    A furia di ampliare, ingrandire e allargare, aveva tirato su una vera e propria magnificenza.
    Dalla “Scintilla”, così si chiamava il suo stabilimento, ogni sei ore uscivano centoventicinquemilatrecentoquarantatre candele. Lunghe, corte, a palla e a fusillo, tutte perfette. Quelle venute appena un po’ stortignaccole o non precisamente lisce, ci pensava Leonzio in persona a buttarle in un cassone e farle rifare.
    “Imperfetta” gridava. E subito arrivava di corsa uno dei suoi ottantasette operai a recuperare la candela eliminata per rifonderla e rimodellarla senza difetti.
    Ogni giorno Leonzio si alzava all’alba s’infilava nella sua fabbrica e fino a sera controllava, contava, contava e controllava, finché non era l’ora di andare a letto.
    C’era un momento della giornata che a Leonzio piaceva di più.
    Era quando saliva sulla terrazza sul tetto del suo stabilimento all’ora del tramonto. E da lì si metteva a guardare.
    No, non guardava certo il sole che si andava a accucciare dietro i monti. Nemmeno il cielo rossastro, no, o le nuvole che si rincorrevano.
    Lui da lassù faceva solo questo: torceva le sopracciglia e misurava a occhio la distesa di campi che gli si spianava davanti. E alla fine pensava che aveva costruito molto, ma quanto poteva estendersi ancora? E sogghignava.
    Quella mattina, una mattina come tante, alla “Scinitlla” qualcuno suonò il campanello.
    Driiin
    “Per tutte le candele! – esclamò con un ringhio Leonzio – chi potrà mai essere. In pieno orario di lavoro, chi arriva fin qui a suonare A ME?”
    In effetti, appuntamenti con fornitori quel giorno non erano previsti. Il postino non suonava mai, per carità. Pur di non incrociare quel vecchio tronfio malmostoso lasciava sempre le lettere nella cassetta. E poi se ne scappava via ben volentieri.
    Vicini non ce n’erano….per tutte le candele, chi poteva mai essere…
    DRIIIIIIIIN
    “Nessuno smetta di lavorare – urlò ai suoi operai Leonzio – vado IO”. E brontolando si avviò ad aprire la porta.
    “Buongiovno signove”.
    “Sììììììììììì…..??? Che c’è. Chi è lei? Non compro nulla”
    “O no, signove, non c’è da compvave”.
    Davanti a Leonzio c’era un omino. Piccolo e all’apparenza gracile, lo stava fissando con uno sguardo sottile e generoso.
    “Beh allora cosa vuole?”
    “Vovvei piantave un seme”
    Leonzio spalancò due occhi così. “Lo pianti! Cosa c’entro io. Guardi quanto spazio c’è qua in giro….” Disse mostrando con il braccio le distese di terreni intorno – “Non troppo vicino alla mia fabbrica eh, però…sennò tra un po’ dovrò tagliarla la sua pianta..sa, mi ingrandisco io”.
    “No infatti non lo voglio piantave vicino alla sua fabbvica – si affrettò a spiegare l’omino – Le chiedo di piantarlo NELLA sua fabbvica. Sulla tevvazza sul tetto, per esseve pvecisi”.
    “COOOSAAA??? Ma non se ne parla nemmeno” gridò Leonzio. E richiuse la porta in faccia all’omino con una forza tale che la “Scintilla” rimbombò tutta, dal tetto alle fondamenta.
    Dopodiché se ne tornò a controllare e contare le sue candele. Contare e controllare.
    Eppure qualcosa era successo. Leonzio continuava a pensare a quello strano omino e alla sua ancor più strana richiesta.
    Passarono i giorni e dopo una settimana l’omino si ripresentò alla “Scintilla”. Stavolta non suonò. Lasciò un biglietto che fece scorrere sotto la grande porta.
    PER IL SIGNOR LEONZIO – c’era scritto – “Gentile signore sono un botanico e viaggio per il mondo in cerca di semi rari che incrocio per creare nuove piante. Adesso ho un seme che vorrei piantare da lei Signor Leonzio, perché solo da lei può germogliare e crescere: è il seme della pianta che fiorisce alla luce della notte.
    Le sarei grato se volesse aiutarmi. Cordialmente, Karàn
    Per tutte le candele candelose del mondo, sbottò tra sé Leonzio dopo aver letto il biglietto. Che sfacciataggine.
    Ma si sa, quando qualcuno ti mette in testa il tarlo della curiosità…
    Leonzio sempre più spesso iniziò a pensare a quel seme e a quella pianta. E al fatto misterioso che SOLO da lui poteva crescere. Ci pensava e ripensava. Immaginava come sarebbe stata e soprattutto si chiedeva: che cosa voleva dire che fioriva alla luce della notte….
    Intanto Karàn irremovibile tutte le mattine si presentava alla porta della “Scintilla”. Lasciava il suo solito biglietto e se ne andava.
    La tiritera andò avanti un mese. Finché Leonzio, vinto dal desiderio di scoprire, più che dalla perseveranza di Karàn, decise di allestire una vasca piena di terra sul suo terrazzo.
    “Ecco qua. E’ contento ora?” disse a Karàn.
    Karàn ringraziò e finalmente piantò il suo seme.
    Ogni sera a fine lavoro Leonzio saliva sul terrazzo ma non guardava più i terreni incolti intorno.
    Guardava il sole che tramontava e che aveva portato calore al seme. Guardava il cielo per capire se aveva intenzione di mandare pioggia o vento.
    Ormai gli occhi trovavano pace su quella vasca di terra. Le girava intorno, l’annaffiava, la puliva. Cominciò perfino a studiare botanica per vedere se riusciva a capirci qualcosa.
    Finché spuntarono i primi germogli. Poi un fusticino. E la pianta con le sue foglie che parevan di velluto cominciò a crescere in altezza, robusta e rigogliosa sul terrazzo della “Scintilla”.
    Karàn veniva a esaminare la sua creatura molto di frequente.
    “Bel lavovo” diceva a Leonzio che tutte le volte s’inorgogliva in silenzio.
    Leonzio senza accorgersi aveva dimenticato i suoi progetti di ampliamento della fabbrica. Adesso voleva solo una cosa: che arrivasse la fioritura.
    E dopo sei mesi il momento della fioritura arrivò.
    “Ci siamo” disse quella mattina Karàn solenne e più calmo del solito.
    Leonzio fu preso dalla tremarella e non ci era abituato. E ora? Si chiese. Quella pianta l’aveva cambiato. In tutti quei mesi aveva imparato a farsi domande. Ad avere dubbi.
    Aveva imparato a godersi il breve momento di un germoglio.
    Soprattutto aveva imparato a rendersi conto che la pianta poteva anche non fiorire – la cosa adesso lo sgomentava – e che lui doveva accettarlo.
    “Stanotte fiovivà – disse Karàn – Vedo i boccioli pvonti”.
    “Ma la notte è buia” quasi disperato ripeteva a Karàn.
    “Ci savà puve un motivo se io sono venuto qua da te” disse Karàn
    “Beh io sono un grande imprenditore. Sono un uomo ricco, lavoratore, capace…”
    Karàn lo guardava senza parlare finché disse: “Guavda oltve. A più tavdi”. E se ne andò.
    Scese la notte. Leonzio da solo sul terrazzo camminava avanti e indietro. Non voleva arrendersi. Finché lo sguardo non gli si posò sull’insegna spenta della sua fabbrica:“Scintilla”.
    La soluzione era a portata di mano, come aveva fatto a non capirlo. Un nanosecondo dopo era al telefono a chiamare uno a uno gli ottantasette uomini e donne che lavoravano da lui.
    Gli chiese di correre lì, in fabbrica, a quell’ora sì, che c’era una sorpresa.
    Non avendo MAI ricevuto una telefonata dal loro capo, assonnati ma stravolti dalla meraviglia, tutti si precipitarono.
    Leonzio consegnò a ciascuno una candela accesa e li portò in terrazzo – anche lassù loro non c’erano mai stati.
    Appena tutti videro la pianta meravigliosa le si fecero intorno, stupefatti.
    Fu un coro di Ohohhh…. Uuuuhhh..
    Mentre la folla di fiammelle tremolanti delle candele ILLUMINAVANO LA NOTTE.
    Finché….
    Finché il prodigio avvenne.
    Sotto i loro occhi spalancati – nessuno aveva più sonno – e sotto quelli stanchi ma felici di Leonzio il primo fiore sbocciò. Poi il secondo, poi il terzo….
    Il resto è inutile raccontarlo.
    Molto è cambiato da allora. Leonzio le candele continua a produrle, ma si è trasferito. Vive su una collina, tra piante e fiori che coltiva lui. Ascolta i consigli di Karàn che di quando in quando lo va a trovare. Legge i segni del cielo, della terra, delle nuvole. E non fa calcoli.

    Ps. Karàn in indiano significa “amico”
     
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  17. leonardopelle

    leonardopelle Mostro del forum

    Valore della generosità.

    Un re arabo desiderava impadronirsi delle ricchezze, dei villaggi, delle basi, dei cammelli e dei guerrieri del grande re Hatim Tai.

    E fu così che un bei giorno dichiarò guerra ad Hatim. Gli mandò un messaggero con il seguente avvertimento: "Arrenditi, altrimenti ti sconfiggerò, invaderò le tue terre e ti detronizzerò".

    Quando l'avvertimento arrivò alla corte di Hatim, i suoi consiglieri gli suggerirono immediatamente di mobilitare i suoi guerrieri per difendere il trono. "Siamo sicuri", dissero al sovrano, "che fra i tuoi sudditi non c'è un solo uomo o una sola donna valida che non siano disposti a sacrificare la propria vita per difendere il loro benamato re".

    Ma Hatim, contrariamente a ciò che si aspettava il popolo, disse: "No! Anziché mandarvi in battaglia e farvi versare sangue per me, fuggirò. Sarei lontano mille miglia dalla via della generosità, se dovessi essere la causa del sacrificio della vita di un solo uomo o di una sola donna. Se vi sottometterete pacificamente, quel re si accontenterà di approfittare dei vostri servigi e di riscuotere le imposte, e voi non subirete perdite materiali. Se, al contrario, opporrete resistenza, egli avrà il diritto, secondo la legge della guerra, di considerare i vostri beni come bottino, e se sarete sconfitti, vi ritroverete in miseria".

    Così dicendo, Hatim prese con sé solo un bastone e andò a rifugiarsi nelle vicine montagne. Si stabilì in una grotta e si immerse in contemplazione.

    Metà dei suoi sudditi fu profondamente toccata dal fatto che Hatim avesse sacrificato la sua fortuna e la sua posizione per il suo popolo. Altri, tuttavia, soprattutto tra coloro che cercavano di coprirsi di gloria sul campo di battaglia, mormoravano: "Come si fa a sapere se quest'uomo non è semplicemente un codardo?". Altri, poco coraggiosi, lo accusavano:
    "In fin dei conti, Hatim ha salvato la propria vita per abbandonarci a un destino incerto. Forse diventeremo comunque schiavi di questo re sconosciuto che, dopotutto, è abbastanza tirannico da dichiarare guerra ai suoi vicini".
    Altri ancora, non sapendo che pensare, rimanevano in silenzio, in attesa di saperne di più per formarsi un'opinione. E fu così che il tiranno, accompagnato da un rutilante esercito, si impadronì del reame di Hatim Tai. Non aumentò le tasse e non cercò di usurpare più di quanto Hatim stesso chiedeva al popolo per proteggerlo e amministrare la giustizia. Ma una cosa lo disturbava, ed era di sentir mormorare, sempre e dappertutto, che il nuovo reame di cui si era impadronito era divenuto suo solo grazie a un atto di generosità compiuto da Hatim Tai.

    "Non diventerò mai il vero padrone di questo paese", si disse il tiranno, "finché non avrò catturato Hatim Tai in persona. Finché egli vivrà, nel cuore di alcuni ci sarà sempre una forma di lealtà nei suoi confronti, e non saranno mai completamente miei sudditi, sebbene esteriormente si comportino come tali".
    Fece quindi emanare un decreto che garantiva una ricompensa di cinquemila monete d'oro a chi gli avrebbe consegnato Hatim Tai.

    Questi non sapeva nulla di tutto ciò, fino al giorno in cui, seduto davanti alla sua grotta, udì una conversazione tra un boscaiolo e sua moglie.
    "Mia cara sposa", diceva il boscaiolo, "io sono vecchio, ormai, e tu sei molto più giovane di me. Abbiamo dei figli in tenera età e, secondo l'ordine naturale delle cose, dobbiamo aspettarci che io muoia prima di tè mentre i bambini sono ancora piccoli. Se solo riuscissimo a trovare e catturare Hatim Tai, per il quale il nuovo re offre una ricompensa di cinquemila monete d'oro, il tuo futuro sarebbe assicurato".
    "Vergognati!", esclamò la moglie. "È meglio che tu muoia e che i bambini e io moriamo di fame, piuttosto che sporcarci le mani con il sangue dell'uomo più generoso di tutti i tempi, che ha sacrificato ogni cosa per noi".
    "Tutto ciò è molto bello", rispose il boscaiolo, "ma ognuno deve pensare ai propri interessi! In fin dei conti, io ho delle responsabilità e, comunque, ogni giorno c'è sempre più gente che crede che Hatim sia un codardo. È solo questione di tempo, prima che si mettano tutti a cercarlo in tutti i possibili nascondigli.
    "La convinzione della codardia di Hatim è attizzata dall'amore per l'oro. Se queste chiacchiere continuano, Hatim sarà vissuto invano!".
    In quel momento Hatim Tai si alzò e si presentò alla coppia, sorpresa. "Sono Hatim Tai", disse. "Portatemi dal nuovo rè e chiedete la vostra ricompensa".

    Il vecchio provò vergogna e i suoi occhi si riempirono di lacrime. "No, grande Hatim, non posso decidermi a fare una cosa simile!".
    Mentre stavano discutendo, un gruppo di persone che era alla ricerca del re fuggitivo si avvicinò. "Se non lo fate voi", disse Hatim, "mi consegnerò da solo al rè; gli dirò che mi avete nascosto e sarete giustiziati per tradimento".

    Avendo riconosciuto Hatim, il gruppo gli andò incontro e lo catturò; disperato, il boscaiolo li seguì. Arrivati a corte, ognuno pretendeva di aver catturato Hatim. Allora, leggendo l'esitazione sul viso del suo successore, Hatim chiese il permesso di parlare: "Maestà, sappiate che è giusto che anche la mia testimonianza venga ascoltata. Sono stato catturato da questo vecchio boscaiolo, non da questa marmaglia. Dategli la sua ricompensa e fate di me ciò che volete ...".
    Udendo tali parole, il vecchio si fece avanti e disse la verità al re, raccontando come Hatim si fosse offerto in sacrificio per assicurare il futuro della sua famiglia. Il nuovo re fu talmente sconvolto da quel racconto che ordinò al suo esercito di ritirarsi, restituì il trono ad Hatim Tai e ritornò nel suo paese.
     
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  18. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Il lago, limpido, e silenzioso, aveva trascorso anni, a rimirare la splendida fontana,
    che sorgeva, sulle sue rive, e a invidiare le belle forme, che creava, e i suoni che, ininterrottamente, produceva ...
    «Quant'è, piena, di vita! Quant'è, vivace!
    Non riposa, mai: non è, mai, stanca! È, sempre, così, viva ...
    Quanto vorrei, essere una fontana!», pensava.
    «Quanto vorrei, poter vivere, la sua vita: così, varia, e interessante! ...
    Quante volte, ho udito la gente, meravigliarsi, ed entusiasmarsi, dei suoi giochi d'acqua!
    Quando giungono, sulle mie rive, si limitano, a passarmi, davanti, in silenzio!
    A volte, qualche coppia, se ne sta, lì, mano nella mano: non so, bene, perché ...
    Altri, seduti, sui prati, o su una panchina, fissano il paesaggio statico, e monotono, che offro!
    Quanto vorrei, essere una fontana ...
    Ma, purtroppo, sono un lago e, neppure, dei più belli: non, particolarmente, profondo, né grande, né suggestivo!
    Sono, così, insignificante!».

    Da anni, la fontana osservava il lago, limpido, e silenzioso, e lo invidiava, immensamente ...
    «Quant'è, calmo!», pensava.
    «Guardatelo: non cerca, di impressionare, nessuno!
    Le sue acque, non corrono: non si agitano ...
    Non gli servono, acrobazie!
    Io, invece, ho un bisogno compulsivo, dell'attenzione altrui ...
    Faccio, di tutto, per attirare la gente, ma sono, così, stanca!
    Quant'è felice, invece, il lago!
    La gente passeggia, sulle sue rive, senza che lui debba intrattenere, nessuno:
    siede, sul prato, e si gode il placido sciabordio, delle sue piccole onde ...
    Un lago, non fatica: non pena!
    Se io smettessi, di far tutti i miei giochi, chi verrebbe, più, a vedermi?
    Niente, è più patetico, dello spettacolo, di una fontana, ferma, e muta ...
    Quanto vorrei, essere un lago, silenzioso, e placido!
    Darei, qualunque cosa, per cambiare la mia sorte, con la sua, anche per poco!».

    "Accettare, la propria vita, non significa, dire:
    «Va, tutto, bene!»,
    ma: «C'è, tutto!
    C'è, già, tutto quello, che può rendermi, felice, e realizzato!»".

    - dal web -

    [​IMG]
     
  19. leonardopelle

    leonardopelle Mostro del forum

    Filastrocca solitaria,
    voglio fare un castello in aria:
    più su delle nubi,
    più su del vento
 un castello d’oro e d’argento.

    Con una scala ci voglio salire
    per sognare senza dormire
    e su un cartello farò stampare:

    Le cose brutte non possono entrare…

    O filastrocca solitaria,
    si starà bene lassù in aria:

    ma se un cartello scritto così
    lo mettessimo anche qui?

    G.Rodari
     
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  20. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Nel paese della bugia
    inizio di.. Gianni Rodari

    Nel paese della bugia,
    la verità è una malattia.
    Non ha vaccino, non ha cura
    e neanche a metri si misura;
    la verità è presagio solo di buona sorte
    e ai bugiardi non rimane
    che tenersi il naso lungo o le gambe corte.
     
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