Aneddoti, fiabe e filastrocche

Discussione in "Archivio di tutto il resto" iniziata da silvia8869, il 18 febbraio 2017.

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  1. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Dal web :cry:

    Non so dove stiamo andando, ma so che stiamo per metterci in viaggio. E a giudicare dal numero di valigie che abbiamo caricato in auto, staremo via per un bel po’.
    Non importa dove si va, mi basta stare con loro: con la mamma, il papà e la piccola Silvia, la mia amica del cuore, che mi tira sempre la palla per giocare.
    È mattina presto. A dirmelo è la lingua, che non è ancora caduta a penzoloni, ma in questi giorni d’estate, dopo l’ora della pappa, c’è così caldo che quasi fatico a respirare.
    Di solito, cerco un po’ di ombra sotto il ciliegio, vicino alla mia ciotola d’acqua sempre fresca, e provo a dormire, aspettando che il cielo diventi rosa: quando l’afa se ne va e arriva quel venticello leggero che mi fa scodinzolare.
    “Leo, andiamo!”
    Il papà mi sta chiamando.
    Prendo in bocca la mia palla e lo raggiungo. Sta lì: in piedi, vicino all’auto, apre la portiera e mi invita a salire.
    Lascio cadere la palla vicino alle mie zampe, poi mi volto, ma loro non ci sono.
    Dov’è la mamma? Dov’è Silvia? Partiamo senza di loro?
    “Leo, andiamo!” mi ripete.
    Riprendo la palla che ho lasciato cadere e salgo in macchina con lui, sul sedile che sta vicino al suo, su cui è steso un piccolo telo che profuma di casa.
    Papà accende la scatola da cui esce la musica, infila gli occhiali e si mette in marcia.
    Mi piace viaggiare: si chiacchiera, si ride, si canta. Di solito, sto dietro con Silvia, che mi accarezza sempre, ma oggi devo aver meritato il posto d’onore, sono davanti: mi sento importante.
    Guardo fuori dal finestrino, vedo la scuola, il parco giochi, il supermercato, e quella strada lunga lunga che ci conduce fuori dal quartiere, lontano da casa.
    Ma perché noi due soli?
    Non so rispondermi, mi accuccio vicino alla palla e chiudo gli occhi, aspettando di arrivare.
    La macchina si ferma, mi sveglio all’improvviso sentendomi eccitato, felice, ma quando guardo fuori dal finestrino, non c’è niente: solo una grande distesa di erba secca, in mezzo al nulla.
    Perché siamo qui?
    Papà si toglie gli occhiali da sole e li appoggia sul mio sedile. Sembra pensieroso, non parla, non mi guarda nemmeno.
    Io scodinzolo, prendo di nuovo la palla in bocca, cercando di attirare la sua attenzione, il suo sguardo, e ancora niente: non sembra fare caso a me, i suoi occhi continuano a fissare la grande distesa di erba.
    “Andiamo.” dice.
    Prende la palla dalla mia bocca e mi fa cenno di scendere.
    Vuole farmi giocare: ecco perché siamo qui. Un balzo e sono fuori dall’auto.
    Che caldo. Oggi, anche più del solito: il sole è così forte che sembra già ora di pranzo. Avrei voglia di tornare in macchina.
    Mi guardo intorno desolato e non vedo zone d’ombra: nemmeno un albero.
    Cerco di usare il mio fiuto per orientarmi, ma sento solo l’odore del carburante delle auto di cui riconosco il rumore in lontananza, il profumo dell’erba e quello di casa, che proviene dal telo su cui ero seduto.
    Non conosco questo posto, non ci sono mai stato. Anche papà è spaesato quanto me: non sorride, ha il viso preoccupato.
    Forse ci siamo persi.
    Si guarda le spalle, una, due, tre volte, poi si china ed è di fronte a me.
    Appoggia la palla sul prato, io scodinzolo, vorrei tranquillizzarlo: sono sicuro che riusciremo a tornare a casa, ma lui non mi guarda. Non solo è distratto da altro, sembra quasi frenato dal farlo.
    I suoi occhi continuano a fissare l’orizzonte, quando all’improvviso, mi scioglie il collare, lo infila in tasca e si rialza, tirando un calcio alla palla, verso quella grande distesa di erba.
    “Corri Leo, corri!”
    Mi piace quando mi incita, dimentico tutto: il posto che non conosco, la sua preoccupazione, il caldo afoso; penso solo a correre e a raggiungere la palla che è appena caduta al suolo.
    La stringo tra i denti, immaginando il momento in cui gliela riporterò vittorioso, ma quando mi volto, papà non c’è più.
    Corro, corro più velocemente che posso, per tornare dove lo avevo lasciato, ma anche la macchina non c’è più.
    Dov’è andato?
    Lascio cadere la palla dalla bocca e mi guardo intorno di nuovo. Abbaio, abbaio ancora e nessuno mi sente, nessuno mi chiama: sono solo.
    Papà non può avermi lasciato qui di proposito, non lo farebbe mai, io lo conosco. Deve essere tornato a casa a prendere la mamma, Silvia: devo solo aspettare che tornino a prendermi.
    Non so dire quanto tempo sia passato, ma ho tanta sete e qui non c’è acqua, non c’è cibo, nemmeno un piccolo albero sotto cui ripararmi dal sole... cosa ne sarà di me?
    La tentazione di correre nella direzione da cui siamo venuti e ritrovare da solo la strada di casa è forte, ma se lui tornasse e non mi trovasse più? E poi, ci sono tante macchine e so bene quanto sia pericoloso. Ma ho fame, ho paura, se resto qui non sopravviverò.
    Ripenso alla mia pianta di ciliegio, alla mia ciotola di acqua fresca, alle carezze della mia piccola amica e sono assalito dalla più cupa delle disperazioni.
    Perché papà mi ha tolto il collare su cui sta scritto il mio nome? Perché non torna a prendermi?
    Sarò forte, ci sarà da camminare un po’, ma tornerò a casa... e invece sono così stremato da perdere i sensi, immaginando di essere tra le braccia di Silvia, che mi stringe forte.

    Quanta cattiveria, egoismo, opportunismo e ingratitudine vive in alcune "persone"!:cry:
    "persone"???​
     
  2. bigiopaola

    bigiopaola Semi-dio del forum

    IL SIGNOR FICCANASO
    L’eccessiva curiosità per gli affari altrui può essere fonte di brutte avventure e di spiacevoli… incontri
    Il signor Ficcanaso era solito ficcare il naso negli affari degli altri: doveva sempre sapere tutto di tutti. Se trovava una porta chiusa a chiave, guardava attraverso il buco della serratura; se trovava una lettera chiusa indirizzata ad un altro, doveva aprirla.
    Naturalmente tutti conoscevano la sua fama e nessuno lo poteva sopportare, ma Ficcanaso continuava a curiosare dappertutto.

    Un giorno gli abitanti della sua città si riunirono per discutere in che modo dovevano comportarsi con lui. “Bisogna impedirgli di fare il ficcanaso!” disse il signor Truciolo, il falegname. “Ben detto!” approvò la signora Sapone, proprietaria di una lavanderia.
    ”Penso di aver trovato un modo per farlo smettere!” disse ridendo Spatola, il pittore. E si mise a parlare sottovoce con gli altri.

    La mattina seguente il signor Ficcanaso, da dietro una porta chiusa, sentì venire un fischio. S’avvicinò, socchiuse la porta e stava per sbirciare dentro quando…. “Splash”, una pennellata di color rosso finì sulla punta del suo naso. “Mi scusi…” disse il signor Spatola, che stava dipingendo la porta all’interno. Aveva la faccia seria seria, ma rideva tra sé.
    Il giorno seguente il signor Ficcanaso sentì ridere al di là di un muretto. Si sollevò sulla punta dei piedi per curiosare, ma “Snap” una molletta per la biancheria gli afferrò la punta del naso. “Oh, mi scusi…!” disse la signora Sapone, che stava stendendo il bucato.
    Il giorno dopo ancora il signor Ficcanaso sentì battere con un martello dietro una staccionata. Stava per curiosare, quando “Bang!” una martellata gli arrivò proprio sulla punta del naso.
    “Mi dispiace” esclamò il signor Truciolo, fingendo di essere dispiaciuto “proprio non l’avevo vista!”. Povero Ficcanaso!
    L’indomani andò nel bosco e nel sentire il rumore di una sega fu tentato di andare a vedere chi fosse, ma dopo averci pensato un attimo, cambiò idea e continuò per la sua strada.

    Subito la notizia che il signor Ficcanaso aveva perso la brutta abitudine di ficcare il naso negli affari degli altri si diffuse in tutta la città e da allora il signor Ficcanaso è diventato amico di tutti.​
     
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  3. leonardopelle

    leonardopelle Mostro del forum

    l filosofo Diogene stava cenando con un piatto di lenticchie.
    Lo vide il filosofo Aristippo che viveva nell’agiatezza adulando il re.
    Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere ossequioso con il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”.
    Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti adulare il re”.

     
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  4. auro61

    auro61 Leggenda vivente del forum

    X AGOSTO

    Giovanni Pascoli



    San Lorenzo, io lo so perchè tanto
    di stelle per l’aria tranquilla
    arde e cade, perchè sì gran pianto
    nel concavo cielo sfavilla.
    Ritornava una rondine al tetto:
    l’uccisero: cadde tra spini:
    ella aveva nel becco un insetto:
    la cena de’ suoi rondinini.
    Ora è là, come in croce, che tende
    quel verme a quel cielo lontano;
    e il suo nido è nell’ombra, che attende,
    che pigola sempre più piano.
    Anche un uomo tornava al suo nido:
    l’uccisero: disse: Perdono;
    e restò negli aperti occhi un grido:
    portava due bambole, in dono…
    Ora là, nella casa romita,
    lo aspettano, aspettano, in vano:
    egli immobile, attonito, addita
    le bambole al cielo lontano.
    E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
    sereni, infinito, immortale,
    oh! d’un pianto di stelle lo inondi
    quest’atomo opaco del Male!​
     
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  5. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Un giorno,
    mentre Gandhi stava salendo a bordo di un treno,
    una delle sue scarpe si sfilò e cadde sulla massicciata ferroviaria.
    Non potendo riprenderla dato che il treno aveva iniziato a muoversi, Gandhi,
    tra lo stupore dei suoi vicini, si sfilò con calma l’altra scarpa e la lanciò
    in modo che cadesse vicino alla prima scarpa.
    Quando un passeggero gli chiese il motivo di un simile comportamento, Gandhi rispose,
    ‘Il pover’uomo che trova una scarpa sulla ferrovia avrà ora un paio che potrà utilizzare’.
     
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  6. virgo58

    virgo58 Leggenda vivente del forum

    LA FILASTROCCA DELL'AUTOSTIMA
    Non dirmi “sciocco” oppure “somaro”,
    sono parole dal gusto amaro.
    Non dirmi “aspetta, ti rispondo dopo”,
    se lo chiedo ora, ci sarà uno scopo.
    Non chiedermi sempre e solo perché,
    ne sono certo, lo sai già da te.
    Se poi non mi urli tutti i santi giorni,
    sarò più felice quando ritorni.
    Non chiedermi cose sotto ricatto,
    o imparerò il prezzo di averlo fatto,
    non per amore, ma per esser costretto
    e non di certo perché ci rifletto.
    Se sono stanco e non capisco niente,
    è perché stanca è anche la mente.
    Non mi gridare se rovescio il latte,
    chissà tu, da piccola,quante ne hai fatte.
    Non dirmi mai che non si può fare,
    tra il dire e il fare non sempre c’è il mare,
    o che non posso cambiare il mondo
    e ci crederò in un nanosecondo.
    Se aggiungi sempre “ma”, “forse”,‘‘però”,
    stai pur sicura non ce la farò.
    Poi, se lo posso fare da solo,
    non aiutarmi e prenderò il volo.
    Mostrami invece parole belle
    e te lo assicuro, toccherò le stelle.
    Stefania Contardi
     
  7. menty50

    menty50 Frequentatore del forum

    Accento sulla A


    “O fattorino in bicicletta
    dove corri con tanta fretta?”
    “Corro a portare una lettera espresso
    arrivata proprio adesso”.
    “O fattorino, corri diritto,
    nell’espresso cosa c’è scritto?”
    “C’è scritto – Mamma non stare in pena
    se non rientro per cena,
    in prigione mi hanno messo
    perché sui muri ho scritto col gesso.
    Con un pezzetto di gesso in mano
    ho scritto sui muri della città
    “Vogliamo pace e libertà”.
    Ma di una cosa mi rammento,
    che sull’a non ho messo l’accento.
    Perciò ti prego per favore,
    va’ tu a correggere quell’errore,
    e un’altra volta, mammina mia,
    studierò meglio l’ortografia”.
    Gianni Rodari
     
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  8. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Questa è la storia di un ruscello che diventò un fiume ricco d'acqua
    perché fu capace di aiutare gli altri.

    In un paese molto lontano e pieno di montagne
    vivevano un lago ed un ruscello, uno di fianco all'altro.
    Il lago si trovava ai piedi della montagna,
    mentre il ruscello fluiva dalla sua cima.
    Il lago era molto fiero di se stesso.
    "Guarda piccolo ruscello, guarda quanto sono largo e
    quanto sono cristalline le mie acque", disse.
    "Sì", rispose il ruscello, "Sei molto bello, e sicuramente hai molti amici,
    hai tanta di quell'acqua che puoi darne da bere a chiunque lo desideri.
    Invece io sono così piccolo che nessuno si accorge di me".
    "Ha, ha, ha" rise il lago,
    "E perché dovrei io dare la mia acqua agli altri?
    Se facessi cosi diventerei molto piccolo anch'io!".
    Un giorno, una capra di montagna si avvicinò al lago e disse:
    "Bellissimo lago, mi sono persa e non ho potuto bere per molto tempo.
    Potrei bere dalle tue acque?".
    "Vai a cercare acqua da un'altra parte", rispose il lago abbastanza seccato,
    "E non toccarmi con i tuoi zoccoli fangosi".
    La capretta era molto triste, ma cosa poteva fare?
    Era sul punto di andare via quando tutto ad un tratto sentì un piccola voce:
    "Capretta, vieni qua. Sono un piccolo ruscello che nessuno nota,
    ma ho acqua sufficiente per darti da bere. Puoi bere quanta ne vuoi".
    "Grazie dell'aiuto, piccolo ruscello!",
    disse la capretta mentre beveva con soddisfazione.
    In un'altra occasione, si avvicinò un gruppo di rondini che volavano.
    "Lago, siamo molto stanche e abbiamo davanti ancora un lungo viaggio.
    Per favore, permettici di bere".
    "Sì, ma certo" rispose furioso il lago,
    "Avete le piume piene di polvere, ed io non sopporto la polvere.
    Andate via lontano da qui".
    Ma giusto quando le rondini stavano per spiccare il volo,
    sentirono qualcuno che le chiamava.
    "Rondini, belle rondini, tornate indietro qui sotto.
    Sono un piccolo ruscello che nessuno nota,
    ma ho acqua a sufficienza per darvi da bere. Potete bere quanta ne volete".
    "Grazie piccolo ruscello" risposero le rondini mentre placavano la loro sete, "Sei un vero amico".
    Tanti animali andavano e venivano, e da quelle parti volavano molti uccellini.
    Tutti chiedevano aiuto al lago, ma era sempre il piccolo ruscello che permetteva a tutti di bere.
    Ma in una giornata estiva particolarmente calda,
    successe qualcosa di inaspettato.
    "Aiutatemi, aiutatemi!", era un piccolo topo chi gridava.
    Si avvicinò al lago quasi senza fiato.
    "Lago, per piacere aiuta il coniglio. Si è rotto una zampa e non può camminare.
    E' da tanto tempo che non beve, ha veramente bisogno d'acqua".
    "Ed io cosa posso farci?", rispose sorpreso il lago.
    "Se schizzi un po' d'acqua, arriverà fino al coniglio e potrà finalmente bere", rispose il topino.
    "Che sciocchezza", rispose il lago, allontanando il topino.
    "Topino" chiamò il ruscello "Forse io sono in grado di aiutarti!"
    "Sei molto generoso, ma sei anche molto piccolo.
    Non hai acqua a sufficienza per farla arrivare fino al coniglio", rispose tristemente il topo.
    "Aspetta, ho appena avuto un'idea" rispose il ruscello.
    "Madre Montagna"
    "Madre Montagna", gridò il ruscello.
    Ma la montagna si trovava in un lungo letargo sotto il sole.
    "Aiutami topolino", e insieme si misero a gridare:
    "Mamma Montagnaaaa!!!"
    "Cos'è tutto questo chiasso piccoli?" rispose svegliandosi la montagna,
    "Cos'e' successo?"
    "Il coniglio si è rotto la zampa", spiegò il ruscello,
    "Ha bisogno di acqua e dobbiamo aiutarlo".
    "Ma, come?", replicò la montagna, "Siete così piccoli".
    "C'è della neve nella tua cima, si sta sciogliendo sotto i raggi del sole, diventando dell'acqua.
    Dammi un poco di questa acqua ed io potrò aiutare il coniglio".
    "Nonostante tu sia così piccolo hai un grande desiderio di aiutare gli altri.
    Farò ciò che mi chiedi!", replicò la Montagna.
    E successe immediatamente che l'acqua, che prima scendeva dalla cima della montagna verso il lago,
    iniziò a fluire verso il ruscello.
    E prima che potesse dire qualsiasi cosa,
    il lago era diventato un pantano asciutto.
    Intanto il ruscello diventava un largo fiume.
    Presto arrivò fino al coniglio, saziò la sua sete, lavò le
    sue ferite e continuò il suo cammino fino al mare,
    offrendo a tutti acqua fresca e cristallina.

    "Puoi vedere quel grande flusso d'acqua?", dicevano gli animali,
    "Un tempo era un piccolo ruscello,
    ma il suo forte desiderio di aiutare gli altri lo ha fatto diventare
    questo grande fiume che fluisce fino al mare!".

    - dal web -​
     
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  9. antobon

    antobon Colonnello del forum

    Ivy e i piccoli folletti

    C’era una volta una bimba con grandi occhi blu e morbidi riccioli color del rame che abitava in una casetta che si trovava in un immenso bosco pieno di alberi grandi e di animali di ogni specie.
    La bimba viveva con la sua mamma e il suo papà ma purtroppo non aveva amici con cui giocare e divertirsi; il suo papà si alzava molto presto la mattina per andare a badare agli animali, la mamma aveva sempre molte cose da fare in casa e lei poverina si annoiava da morire.
    Un giorno vagando per il bosco sconsolata e senza far nulla si ritrovò a parlare da sola chiedendosi cosa mai avrebbe potuto fare per poter divertirsi un po’; ma mentre parlava bla…bla…bla… sentì come degli strani suoni attorno a lei, un po’ impaurita girò lo sguardo intorno per capire cosa stesse succedendo ma non vide nulla e così pensando che magari era stata una sua impressione continuò a camminare e parlare blablabla…..blablabla….. ma ecco di nuovo quegli strani suoni, ma cosa succede? Rimase ferma immobile e ad un tratto vide saltare fuori qualcosa dai cespugli, erano piccoli e colorati saltavano da un fiore all’altro di qua e di là; che carini, erano dei piccoli gnomi con i loro cappuccetti colorati di rosso di giallo di verde e si divertivano come pazzi! La bimba voleva afferrarli tutti, loro gridavano un po’ per paura e un po’ per divertimento perché non era la prima volta che vedevano quella dolce bimbetta andare per boschi, ed era stata tanta la tenerezza suscitata in loro che decisero di apparire per farle un po’ di compagnia.
    Uno di loro che si chiamava follettino pinciolino gli saltò sulla manina e gli disse “ciao piccolina che cosa fai nel bosco e come ti chiami?”
    “Io mi chiamo Ivy e vengo sempre a giocare qui nel bosco; a casa mi annoio e nessuno vuol divertirsi con me ma adesso devo scappare la mamma mi chiama, ciao folletto pinciolino!”
    Appena a casa la mamma le chiese dove fosse stata , la bimba le disse che era andata nel bosco ma non raccontò dei folletti.
    Il giorno dopo Ivy andò nuovamente nel bosco e incominciò a chiamare il folletto ma lui non rispondeva e lei continuava a chiamare ma nulla; ad un tratto poco lontano vide tanti uomini con grosse seghe che gridavano “coraggio oggi dobbiamo tagliare almeno cinquanta alberi”.
    La bimba disse gridando “fermi , non tagliate gli alberi lì ci vivono i folletti”!
    Il capo dei tagliaboschi scoppio a ridere e disse “ma piccola credi ai folletti; loro vivono solo nella fantasia di voi bimbi ma nella realtà non esistono!”
    Ivy rispose “Vi dico che ci sono ieri li ho visti , ci ho parlato” e scoppiò a piangere.
    Si guardò in giro con la speranza di vedere follettino pinciolino; ma nulla e così continuando a guardare tra i cespugli lo chiamava con tutta la voce che aveva in gola ma niente da fare .
    Vagando di qua e di là alla ricerca dei folletti ad un tratto si accorge che qualcosa andava storto ai boscaioli, infatti loro sistemavano la sega ma questa ad un tratto si spostava, si perdevano gli attrezzi da lavoro, insomma i poveri boscaioli non riuscivano a capire che stesse succedendo ma Ivy sapeva benissimo che tutto ciò era opera di quelle strane creature e allora sgranò gli occhi e scoppiò a ridere.
    I boscaioli non si rendevano conto, erano strabiliati e arrabbiatissimi, ma ad un tratto follettino pinciolino saltò sul naso di uno di loro e disse “che peccato abbattere questi alberi, loro sono utili a voi uomini perché vi fanno respirare aria più pura, loro sono utili alla natura, loro sono belli e immensi. Il boscaiolo rimase immobile senza poter dire una parola incantato da quella strana creatura, credette di sognare e disse “ma non può essere, i folletti non esistono; cosa mai sta succedendo!”.
    Ivy divertita e felice saltellava dalla gioia; il capo dei boscaioli prese follettino pinciolino e lo adagiò sul palmo della sua mano e con voce tremante disse “stupenda creatura questo è il tuo regno, questo è tutto ciò che appartiene a voi abitanti del bosco, ma credimi purtroppo gli alberi servono a fare tante cose utili all’uomo non posso non abbatterli, ma non voglio neanche distruggere il mondo dove voi siete nati, come posso fare?”
    Ad un tratto si sentì un’altra voce forte e secolare, parlava l’albero più anziano del bosco “Ascolta boscaiolo, sono secoli che io vivo e sono stato molto bene qui ma ormai sono vecchio e stanco e come me tanti altri alberi; butta giù noi che abbiamo già vissuto abbastanza, questo è il circolo della vita, ogni cosa ha un inizio e una fine ed è giusto che sia così!”
    Ci fu uno strano silenzio attorno, si sentivano solo strani sfruscii e il battere d’ali delle farfalle; era la natura che parlava, furono momenti di intensa emozione e per una volta non era stato l’uomo ha decidere ma la vita stessa di ogni essere vivente che circonda il nostro vivere!
    Ivy tornò a casa felice, quell’esperienza le aveva insegnato tante cose, non si sentiva più sola; aveva capito che ogni cosa e ogni persona al mondo esisteva per un suo scopo, e capì che se voleva avere un po’ di compagnia bastava andare nel bosco e in silenzio
    ascoltare……………….!!!!!!
     
    Ultima modifica: 2 novembre 2018
  10. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Racconta la leggenda, che un serpente inseguiva una lucciola per divorarla.
    Il piccolo insetto faceva l'impossibile per fuggire dal serpente.
    Per giorni fu una persecuzione intensa.
    Dopo un po' di tempo, la lucciola stanca ed esausta si fermò e disse al serpente: Posso farti tre domande?
    Il serpente le rispose: - "Non sono abituato a rispondere a nessuno però siccome ti devo mangiare, puoi chiedere!"

    - "Domanda numero 1: appartengo alla tua catena alimentare?" - chiese la lucciola.
    - “No!" - rispose il serpente.
    - "Domanda numero 2: Ti ho fatto qualcosa di male?" - disse la lucciola
    - "No, assolutamente!" - Tornò a rispondere il serpente.
    - "Domanda numero 3: E allora.... perché vuoi mangiarmi?"
    - "Perché non sopporto di vederti brillare!"

    Morale: Quante volte ci siamo sentiti come la povera lucciola, criticati, condannati, etichettati e sconcertati davanti alle tante cattiverie subite, ai torti e alle batoste solo perchè eravamo appagati, sereni o qualsiasi altra cosa che ci dava motivo di gioia e di spensieratezza.
    Quante volte siamo stati oggetto di scherzi cattivi, prese in giro o dispetti solo perchè eravamo buoni .
    Quante volte ci siamo chiesti perchè?
    Perchè proprio io, cosa ti ho fatto? Non me lo merito…

    I serpenti sono così, non lo sopportano che qualcuno brilli, devono distruggerlo, devono annientarlo.

    Care lucciole, continuate a volare e brillare e qualunque serpente per quanti sforzi potrà fare,
    non potrà mai avere neanche un lampo della vostra luce.

    - dal web -


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  11. nonnapapera41

    nonnapapera41 Titolare

    < molto bella , complimenti ! è vero che " ascolta , il silenzio ti parla ! " :)
     
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  12. angelfamily00

    angelfamily00 Abitudinario del forum

    Il Natale si avvicina
    A. Silvestre

    Il Natale si avvicina
    se lo cerchi è già in cucina,
    sul divano, nel tuo letto,
    e anche dentro l’armadietto.
    Il Natale si avvicina,
    è in soffitta ed in cantina
    e portando dolci suoni
    rende tutti i bimbi buoni.


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  13. auro61

    auro61 Leggenda vivente del forum

    Dicembre

    Va novembre
    vien dicembre.
    Ciel nebbioso
    suol fangoso.
    Il passero sul tetto
    trema al freddo. Poveretto!

     
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  14. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    Il piccolo presepe

    Si avvicina il Natale, Arianna e Sabele, due piccoli fratelli, decidono assieme di costruire un piccolo presepe .

    Sabele si affretta a realizzare il cielo ed è tutto un grande luccichio di stelle, Arianna invece comincia a posizionare le statuine sopra il piano, poi entrambi sistemano la capanna con al suo interno la Madonna, San Giuseppe e Gesù Bambino.

    Di seguito Arianna sistema le luci ed infine posa sopra la capanna una sfavillante stella cometa.

    “E’ proprio un bel presepe – commenta Sabele rivolgendosi alla sorella – però sembra mancare ancora qualcosa, ma cosa? chiede all’altro.”

    Arianna dà un’occhiata e poi esclama: “Abbiamo dimenticato il bue e l’asinello, sono fondamentali per il presepe, hanno il compito di scaldare Gesù Bambino!” afferma in modo deciso la sorella.

    Così i due bambini posizionano all’interno della capanna il bue e l’asinello, dopodiché Arianna afferma: “E’ davvero molto bello, – poi suggerisce a Sabele – metti pure in funzione la ruota del mulino, l’acqua si spanderà presto nel vicino laghetto e donerà al tutto una lieve e dolce atmosfera.”

    Una volta terminato il presepe i due bambini lo osservano soddisfatti.

    Ogni statuina sembra svolgere il proprio compito, c’è chi si reca a prendere l’acqua alla fontana, chi porta pascolare le pecore, chi offre cesti di frutta e poi ci sono i Re magi, che con i loro cammelli vengono giù dalla montagna, portando in regalo oro, incenso e mirra , donando al tutto un po’ di magia, quella magia che solo il Natale sa offrire e fa si che nei cuori della gente si infonda l’armonia e la pace e soprattutto tanto Amore!


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  15. antobon

    antobon Colonnello del forum

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    Buon Natale
     
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  16. auro61

    auro61 Leggenda vivente del forum

    Anno nuovo
    Gianni Rodari

    Indovinami, Indovino,
    tu che leggi nel destino:
    l’anno nuovo come sarà?
    Bello, brutto o metà e metà?”.
    “Trovo stampato nei miei libroni
    che avrà di certo quattro stagioni,
    dodici mesi, ciascuno al suo posto,
    un Carnevale e un Ferragosto
    e il giorno dopo del lunedì
    sarà sempre un martedì.
    Di più per ora scritto non trovo
    nel destino dell’anno nuovo:
    per il resto anche quest’anno
    sarà come gli uomini lo faranno!.
     
  17. lorilu

    lorilu Imperatore del forum

    Il castello dei dodici mesi

    C’era una volta un omino gentile e manieroso che si chiamava Faustino.
    Tanto lui era perbene, quanto suo fratello era sgraziato e villano, tanto che la gente lo chiamava Rusticone.
    Un giorno Faustino andò a cercar fortuna, e si mise per il mondo.
    Una volta, però, perse la strada e si trovò in un bosco fitto.
    Era buio e Faustino non si sentiva affatto tranquillo.
    Vide tra gli alberi un castello illuminato e pensò di chiedere ospitalità.
    Bussò e un servitore lo fece entrare.
    Il castello era abitato da dodici signori, che accolsero gentilmente Faustino e lo fecero accomodare.
    I dodici signori appartenevano tutti alla stessa famiglia, ma non si somigliavano affatto.
    Poichè era l’ora di cena invitarono Faustino alla loro tavola.
    Mentre mangiavano, uno di questi signori, guardando la pioggia che cadeva a dirotto disse:
    «Che brutto mese dicembre!»
    «No, perchè?» replicò Faustino,
    “Anche l’acqua ci vuole e bisogna pure che la terra beva in inverno se vuole fiorire in estate…”
    «Non dirai però che sia bello anche gennaio?» disse un signore che aveva una lunga barba bianca.
    «Sotto la neve pane, signore mio! Non lo sapete?»
    «Ma… febbraietto… corto e maledetto?» replicò un omino piccino che non arrivava nemmeno alla tavola,
    «Lo dice anche il proverbio!»
    Seguì un coro di voci: tutti avevano la loro da dire.
    Marzo e aprile erano matti;
    maggio, il pane era scarso perchè la campagna ancora non dava frutto;
    giugno, mosche a pugno;
    luglio, dava fastidio per via del caldo;
    agosto poi meglio non parlarne, un’afa da non poter respirare;
    anche settembre aveva i sui difetti per le variazioni del clima ora caldo ora freddo,
    e Dio ci guardi da ottobre novembre e dicembre: pioggia, neve e gelo e chi più ne ha, più ne metta.
    Ma, neanche a farlo apposta, Faustino pareva l’avvocato difensore di tutti i mesi dell’anno.
    Per lui, febbraio era quello che preparava le sorprese sotto terra;
    marzo il gentile portatore della primavera;
    aprile maggio e giugno i più bei mesi dell’anno;
    per non parlare del luglio che riempiva i granai.
    Agosto e settembre davano frutta in abbondanza;
    ottobre riempiva i tini;
    novembre era un mese benedetto per le semine.
    Dicembre poi, il mese più felice dell’anno per i doni che portava in occasione delle feste.
    Tutti, per Faustino, avevano il loro lato bello.
    «Se la provvidenza li ha fatti così, vuol dire che così dev’essere!»
    E quei signori sembrarono proprio contenti delle parole di Faustino che gli regalarono una bisaccia dicendo:
    “Ogni volta che l’aprirai, ne uscirà tutto quello che desideri!”
    Figuratevi la rabbia di Rusticone,
    quando vide la fortuna capitata al fratello…
    Si fece raccontare tutto per filo e per segno, poi si mise in cammino verso il castello dei dodici signori.
    Fu ricevuto gentilmente, ma quando cominciò a parlare di mesi, apriti cielo!
    Rusticone diceva male di tutti.
    Gennaio faceva morire di freddo i poveretti, febbraio faceva tremare,
    marzo era il mese dei raffreddori, aprile ogni giorno un barile…
    trovò persino il coraggio di dir male di maggio e giugno!
    Di luglio e agosto si lamentò per il caldo, settembre gli dava noia per via delle zanzare,
    rimproverò a ottobre di favorire gli ubriachi come se fosse colpa sua se gli uomini bevevano troppo;
    novembre era il peggiore di tutti i mesi perchè lui soffriva di reumatismi e quel mese glieli peggiorava,
    e infine dicembre era un mesaccio per la nebbia e i geli.
    «Dunque, non ti piace nessun mese dell’anno?» chiese il signore più vecchio.
    «Per me non ce n’è uno che faccia il suo dovere!»
    «Bene!» dissero, e gli regalarono un nodoso bastone dicendo:
    «Battilo contro una pietra quando ti occorrerà qualcosa, e vedrai.»
    Rusticone, tutto contento, se ne andò senza neppure ringraziare.
    Appena fuori battè il bastone sopra una pietra e questo cominciò a dargli tante botte fino a fargli gridare:
    «Mi piace gennaio! Mi piace febbraio!» e giù fino in fondo all’anno.
    E soltanto allora il bastone si fermò.

    - M. Menicucci -

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  18. auro61

    auro61 Leggenda vivente del forum

    Filastrocca per la Befana


    di Gianni Rodari


    Viene viene la Befana
    Da una terra assai lontana,
    così lontana che non c’è…
    la Befana, sai chi è?
    La Befana viene viene,
    se stai zitto la senti bene:
    se stai zitto ti addormenti,
    la Befana più non senti.
    La Befana, poveretta,
    si confonde per la fretta:
    invece del treno che avevo ordinato
    un po’ di carbone mi ha lasciato

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  19. silvia8869

    silvia8869 Leggenda vivente del forum

    25 dicembre, sera.
    La befana se ne stava da dieci minuti pensierosa davanti al suo telefono:
    “Chiamo o non chiamo? Non chiamo o chiamo?”
    “Ma sì, in fondo chiedere non costa nulla!” si decise alla fine.
    Compose il numero e poco dopo….
    “Ciao caro Babbo, sono io, la Befana! Hai dormito? Ti sei ripreso dalla sfacchinata di stanotte?”.
    Dall’altro capo il celebre interlocutore le stava rispondendo con la voce roca di chi si è appena svegliato.
    “Bene bene, bravo come sempre” rispose la Befana che, in realtà, non stava ascoltando con molta attenzione il racconto sulle peripezie notturne di Babbo su e giù per i caminetti… era piuttosto tesa e imbarazzata per la richiesta che doveva fargli…non era mai accaduto in tanti anni che dovesse…
    “Babbo, ma non è che per caso ti è avanzato qualche regalo?”
    Ecco, era fatta. Era riuscita a formulare la domanda che tanto la tormentava. Ora aveva il viso tutto rosso ma per fortuna al telefono nessuno se ne poteva accorgere….e ora era tempo di spiegazioni…
    “Sai, quest’anno mi sono dedicata alla formazione e ho frequentato dei corsi per migliorare le tecniche di preparazione e confezionamento dei regali, poi, dico la verità, qualche weekend lungo me lo sono presa anche per me…insomma siamo arrivati a Natale e mi mancano ancora diversi bambini da accontentare….e io li vorrei fare felici tutti!”
    “Quanti me ne mancano Babbo?” rispose la Befana alla richiesta esplicita.
    “…Beh…più o meno …” stava soppesando la quota di verità da mettere sul tavolo… “…META’! “ confessò infine sconsolata con un cedimento della voce…
    Babbo Natale ovviamente era tracollato e le stava facendo presente la gravità della situazione.
    “ Certo certo lo so che manca pochissimo ma non mettermi ansia che sono già stressata, se non puoi aiutarmi, se non ti è avanzato davvero nulla, nulla nulla, Nulla ? nemmeno chessò… un diarietto? Un pupazzetto? Un calendarietto?…non ti preoccupare che me la caverò da sola…” . “Come sempre” pensò la Befana con un certo nervosismo e una certa invidia mentre visualizzava il magnifico laboratorio di Babbo Natale, iperorganizzato e con una numerosa squadra di piccoli aiutanti.
    Il laboratorio di Babbo Natale…Ma certo! Ecco la soluzione!
    “Ehi Babbo, ma gli elfi adesso saranno liberi, giusto? Pensavo che magari potresti mandarmene qualcuno così da accelerare un po’ i ritmi. ..” rilanciò, ora più spavalda.
    “Ah, come dici? Sono già partiti per una crociera premio?!…Però…non si dica che non li tratti bene…niente da fare quindi, mi sembra di capire che non puoi aiutarmi in alcun modo e allora ti saluto che non posso perdere altro tempo al telefono. Ciao, ciao Babbo Natale”. Riagganciò delusa e innervosita.
    “Gli va bene a lui!” pensò tra se e sé la Befana. “ Gli elfi che lo aiutano e le renne che lo portano…io invece devo fare tutto da sola e sono così affannata che mi tocca andare in giro con i capelli scompigliati e le calze rotte perché non ho il tempo di cucirmele…mah…così mi toccherà ricorrere anche quest’anno al carbone per i bambini che non si sono comportati bene…e passerò per quella antipatica, io che vorrei far felici tutti quanti!”. Fece spallucce e con la testa bassa si rimise al lavoro.
    1 gennaio del Nuovo Anno, mattina.
    La Befana era sveglia dall’alba e stava lavorando alacremente come nei giorni precedenti. Improvvisamente suonò il campanello di casa.
    “Strano” pensò “Non hanno letto il cartello?”. Per non avere distrazioni o visite inaspettate che le avrebbero portato via tempo prezioso la Befana infatti si era premurata di appendere sopra la porta un avviso: “Non disponibile fino al 7 gennaio, sera ”.
    Davvero non aveva intenzione di alzarsi e interrompere il lavoro ma poi cedette alla curiosità e andò ad aprire.
    “Oibò!” esclamò stupita. Parcheggiata davanti alla sua porta c’era un’enorme slitta carica di pacchi. Una donnina sorridente si trovava di fronte a lei…era un po’ strana…piccina, due grandi occhioni e le orecchie a punta, sembrava un Elfo…femmina. E infatti…
    “ Buongiorno Befana, sono la rappresentante delle mogli degli Elfi e vengo per conto di Babbo Natale” si presentò cordiale.
    “Il Babbo ci ha spiegato la situazione e ci ha chiesto se potevamo aiutarla…deve sapere che noi mogli degli Elfi, aiutanti di Babbo Natale, nei lunghi mesi in cui i nostri mariti sono impegnati a confezionare i regali per i bambini, per vincere la noia, ci dedichiamo alla realizzazione di scaldacollo in lana. È la nostra passione. Guardi! ” e mostrò alla Befana alcuni dei loro lavori…erano davvero bellissimi e sembravano così comodi, soffici e caldi che alla Befana era venuta la tentazione di provarne uno. E così fece trovando conferma della sua impressione. “Sarebbe perfetto da indossare nella notte delle consegne…nei giorni successivi ho sempre il torcicollo con quell’aria che tira andando in scopa”.
    “ Babbo Natale” continuò la signora Elfa “ha pensato che i nostri scaldacollo sarebbero un regalo davvero gradito dai bambini che nei rigidi giorni d’inverno devono alzarsi presto e uscire fuori al freddo per andare a scuola. Ne abbiamo confezionati quanti più potevamo e glieli abbiamo portati”.
    La Befana commossa ringraziò la signora Elfa e le disse di portare i suoi ringraziamenti più sinceri anche a Babbo Natale. “ E’ proprio un amico” pensò con il cuore riscaldato dal gesto generoso.
    “Prima di ripartire devo consegnarle anche questo da parte di Babbo” aggiunse la signora Elfa porgendo un pacchetto regalo alla Befana. Poi si accomiatò.
    Una volta rientrata in casa la Befana, curiosa come una bambina, scartò immediatamente il suo pacchetto regalo. Conteneva uno scaldacollo e un paio di morbide calze di lana.
    La Befana, felice, sorrise teneramente e riprese con rinnovata gioia il suo amato lavoro.
     
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  20. antobon

    antobon Colonnello del forum

    Gianni Rodari

    I 12 Mesi

    Gennaio, Gennaio,
    il 1° giorno è il più gaio,
    è fatto solo di speranza:
    chi ne ha tanta, vive abbastanza.

    Febbraio viene a potare la vite
    con le dita intirizzite:
    è senza guanti ed ha i geloni
    e un buco negli zoccoloni:

    Marzo pazzo e cuor contento
    si sveglia un mattino pieno di vento:
    la prima rondine arriva stasera
    con l'espresso della primavera.

    Aprile tosatore
    porta lana al vecchio pastore
    spoglia la pecora e l'agnello
    per farti un berretto ed un mantello.

    Maggio viene ardito e bello
    con un garofano all'occhiello,
    con tante bandiere nel cielo d'oro
    per la festa del lavoro.

    Giugno, invece, è falciatore;
    il fieno manda un dolce odore,
    in alto in alto l'allodola vola,
    il bidello chiude la scuola.

    Luglio miete il grano biondo,
    la mano è stanca, il cuore è giocondo.
    Canta il cuculo tra le foglie:
    c'è chi lavora e mai non raccogliere.

    Agosto batte il grano nell'aia,
    gonfia i sacchi, empie la staia:
    c'è tanta farina al mondo... perché
    un po' di pane per tutti non c'è?

    Settembre settembrino,
    matura l'uva e si fa il vino,
    matura l'uva moscatella:
    scolaro, prepara la cartella!

    Ottobre seminatore:
    in terra il seme sogna il fiore,
    sottoterra il buio germoglio sa
    che il domani lo scalderà.

    Novembre legnaiolo
    va nei boschi solo solo,
    c'è l'ultima foglia a un albero in vetta
    e cade al primo colpo d'accetta.

    Vien Dicembre lieve lieve,
    si fa la battaglia a palle di neve:
    il fantoccio crolla a terra
    e così cade chi vuole la guerra!

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